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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2011 alle ore 06:37.
BRUXELLES
Il re del Belgio, Alberto, è uscito allo scoperto e ha chiesto al primo ministro uscente Yves Leterme di preparare un bilancio che «blindi» il paese contro gli attacchi della speculazione finanziaria. La sollecitazione del sovrano arriva dopo l'ulteriore crescita dello spread (+140 punti base) tra i titoli di stato belgi e i bund tedeschi. Il rendimento delle obbligazioni decennali è salito al 4,24%, mentre i Cds, il costo per assicurare il debito, sono schizzati a 255 punti. Segnale inequivolcabile del crescente nervosismo degli investitori sulle capacità di finanziamento del debito belga.
Ad aggravare i timori sulla sostenibilità del debito di Bruxelles (al 100% del pil, il terzo più alto in Europa dopo quello greco e italiano), le oggettive condizioni politiche nel paese, dove manca un governo stabile dallo scorso aprile, con gravi tensioni separatiste. Il Belgio sta scherzando col fuoco ma nessuno pare preoccuparsene, come se il debito competesse solo ai valloni (per i fiamminghi) o ai fiamminghi (per i valloni) e non ad entrambi (secondo i mercati).
Lo scorso 6 gennaio anche l'ultimo mediatore, Johan vande Lanott - incaricato dal re di tentare una soluzione della crisi - ha rinunciato. Ieri, riferisce il quotidiano Le Soir, Alberto II ha chiesto che gli obiettivi della legge di bilancio siano più stringenti di quanto concordato con i partner europei. Il deficit del Belgio viaggia al 4,8% del Pil ma fonti governative indicano che il dato ufficiale che sarà pubblicato mercoledì prossimo potrebbero svelare un miglioramento inatteso. Secondo la tabella di marcia concordata con l'Unione europea per un rientro verso quota 3% nel 2015, il deficit dovrebbe scendere al 4,1 per cento nel 2011.
Che succederà, ora? La situazione è drammatica. L'8 gennaio il Belgio è riuscito a strappare un triste primato europeo detenuto dai vicini olandesi. Il record è quello della più lunga crisi politica nella storia del continente.
Sono già passati 212 giorni dalle elezioni del 13 giugno scorso. Il precedente limite di 208 giorni apparteneva dal 1977 alla vicina Olanda, che anch'essa non naviga con una maggioranza molto coesa, visto che il partito di Wilders appoggia il governo dall'esterno. Ma il Belgio, diviso su questioni linguistiche, fiscali e di riforma dello stato tra fiamminghi e valloni, sprofondato in una crisi politica della quale non si vede soluzione all'orizzonte, non può continuare senza rimettere i conti in ordine, altrimenti si candida a diventare la prossima vittima della speculazione sui debiti sovrani.