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Su usufrutti e comodati partita da un miliardo

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2011 alle ore 07:53.

La generosità è certo una virtù italiana: nel nostro paese ci sono due milioni di case che i proprietari concedono gratuitamente a parenti, ottenendo per questa via l'esenzione totale su Ici e Irpef.

Di fronte a tanta disponibilità il fisco, che a pensar male raramente sbaglia, si deve essere cominciato a chiedere se è proprio tutto vero. Le esigenze di far quadrare i conti del federalismo municipale stanno aumentando la sensibilità sul tema, che però non è nuovo: quando la Guardia di Finanza si muove per individuare i falsi comodati fa sempre bingo, basandosi sulla non congruenza delle utenze, delle iscrizioni anagrafiche, dei luoghi di lavoro di questi milioni di figli, fratelli e genitori spediti a vivere lontano dal tetto famigliare per far diventare prima casa quella che in effetti non lo è. Tanto che il decreto sul federalismo, nella sua versione attuale, prevede che questo privilegio sparisca: le prime case «assimilate» pagherebbero così l'aliquota «piena» dell'Imu sul possesso, subendo lo stesso trattamento delle seconde case. In questo modo diventerebbe inutile fingersi comodatario.

La partita è ancora aperta, anche perché la novità è contestata dai comuni che ne temono un difetto di «sostenibilità sociale»: tra tanta elusione possono, infatti, esserci comodati reali, spesso in famiglie dove i redditi sono bassi. A prescindere da questo elemento, poi, la lotta alle finte assegnazioni gratuite resta una priorità, anche per raggranellare gettito Irpef prezioso per il meccanismo del federalismo municipale. I margini di recupero sono abbondanti, come mostra l'incrocio delle dichiarazioni dei redditi e delle analisi Istat delle abitazioni delle famiglie residenti in Italia. Se per l'Economia ci sono 16.642.000 contribuenti che non pagano l'Irpef sull'abitazione principale, per l'Istat è il 68,5% delle famiglie a trovarsi nella condizione di essere proprietaria della casa in cui vive; il 12,6% invece (questa è la percentuale chiave) abita in usufrutto o a titolo gratuito immobili di cui non ha la proprietà.

Proprio qui si dovrebbe andare a pescare per ricondurre all'imponibilità le finte prime case, ufficialmente occupate da figli, genitori o (come ammettono alcuni comuni) fratelli, che dichiarano di occupare la casa in comodato perché sia considerato come prima casa. Ma che invece se ne stanno in famiglia.

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Come ci dice l'Istat, l'abitazione in usufrutto o in uso gratuito, che riguarda l'11,5% delle famiglie, è più diffusa nel Mezzogiorno e nel Centro (rispettivamente 15,2 e 13,1%) e nei comuni più piccoli (14,5% nei comuni fino a 10mila abitanti). La frequenza più elevata si riscontra tra le persone sole e giovani (27,1%) e le persone sole tra i 35 e i 64 anni (15,3%).

Qui si annida, probabilmente, lo zoccolo duro dell'evasione: spesso si tratta addirittura di locazioni mascherate da comodato. Quindi, considerato che l'imposta sugli affitti, come cedolare secca, andrà ai comuni, il recupero sarà anche più interessante. Da ultimo ci sono gli usufrutti incontestabilmente veri: quelli intestati a persone sopra i 65 anni e oltre (17,5% di loro vive in questa condizione) tra le quali sono maggiormente rappresentati i coniugi superstiti, che rimangono a vivere nella casa dove hanno sempre dimorato ma di cui non sono proprietari (di questi, infatti, l'83,1 sono vedovi). È chiaro, a questo punto, che il gettito da trovare potrebbe essere consistente: da un'ipotesi marginale del 20% di questi immobili a una massima ma abbastanza realistica del 50%, con un aumento di gettito Imu di circa un miliardo. Il dato vero sta forse nel mezzo, dato l'imbarazzo dei comuni di trovarsi a esigere l'imposta anche da chi effettivamente vive in una casa ceduta in comodato (vero) da genitori o dal fratello: la norma sull'automatica tassabilità delle prime case «assimilate» potrebbe sparire dal decreto sul federalismo e lasciare il posto a un'intensa attività di accertamento per individuare i falsi comodati.

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