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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2011 alle ore 06:37.
ROMA
Un'ora e mezza di riunione per fare il punto prima di volare a Berlino. L'obiettivo principale di Silvio Berlusconi resta l'allargamento della maggioranza attraverso l'ingresso di nuovi parlamentari provenienti dalle fila dell'opposizione. Lo ha ribadito anche ieri sera nel vertice a Palazzo Grazioli dove, pur senza essere all'ordine del giorno, incombeva l'imminente verdetto della Consulta sul legittimo impedimento. Ma proprio il premier vuole evitare che la sentenza di Palazzo dei Marescialli possa condizionare l'andamento dell'attuale fase politica. Berlusconi è infatti consapevole che il partito del «non voto» è attualmente quello più forte in Parlamento. Non sarà quindi il premier a mettere a rischio la sopravvivenza del suo esecutivo, legando la decisione della Corte al futuro della legislatura. Un nesso che però non sfugge a quanti in queste ore stanno decidendo se schierarsi o meno con la maggioranza.
Berlusconi è certo che i numeri per dar vita al nuovo gruppo di responsabilità a sostegno del governo ci siano e ieri ha parlato di «quattro deputati» pronti ad aggregarsi. Il Cavaliere ha detto chiaro e tondo ai suoi che per andare avanti bisogna essere autosufficienti, soprattutto nelle commissioni parlamentari dove, dopo la scissione finiana, il rapporto tra maggioranza e opposizione è pericolosamente in bilico, non solo a Montecitorio ma anche al Senato.
Il patto di pacificazione proposto da Pierferdinando Casini viene per ora lasciato nell'angolo. «Vedremo come si muoveranno e poi capiremo se sono credibili», ha detto il Cavaliere riferendosi al terzo polo. Parole meno severe di quelle pronunciate poco prima da Francesco Pionati, uno dei fautori del gruppo di responsabilità, il quale ieri dopo aver parlato con il Cavaliere ha raccontato che Berlusconi gli avrebbe chiesto «di accelerare con la costituzione del gruppo perché non si fida più di Casini».
In realtà Berlusconi è costretto a giocare contemporaneamente su più tavoli: non vuole rimanere intrappolato nella rete "pacifica" tesa da Fini e Casini e per questo continua a promuovere nuovi ingressi di singoli parlamentari; allo stesso tempo però non può permettersi di attaccare frontalmente il terzo polo, visto che i numeri della maggioranza, nonostante la vittoria conseguita il 14 dicembre, restano esigui.