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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2011 alle ore 20:04.
Il premier Silvio Berlusconi va al contrattacco dopo il caso Ruby e la bocciatura parziale della legge sul legittimo impedimento decisa ieri dai giudici della Consulta. «Io non vedo l'ora di difendermi in tribunale da accuse tanto assurde. Ma non credo, e per questo la nostra maggioranza aveva voluto quella legge, non credo che serva al paese una continua guerra fra la politica e una parte della magistratura». Insomma il Cavaliere non si mostra per nulla intimorito nonostante le ultime grane giudiziarie.
I magistrati vogliono farmi fuori
Nel messaggio ai sostenitori del Pdl il premier non risparmia bordate ai magistrati e all'opposizione. «Sono gli stessi numeri a denunciare la persecuzione politico-giudiziaria a cui sono stato - prosegue - e sono sottoposto con l'evidente finalità di farmi fuori, essendo io considerato, da parte della sinistra e dei suoi giudici, un ostacolo insuperabile e quindi da eliminare con ogni mezzo per il raggiungimento del potere». I magistrati che mi hanno infangato, è il suo ragionamento, «non hanno mai pagato dazio» per i loro errori.
Una persecuzione giudiziaria
Quindi ripercorre la sua storia giudiziaria. «Sono sceso in campo per servire il Paese è in atto una evidente persecuzione politica da parte dei magistrati di sinistra sostenuti dalla sinistra politica, una persecuzione che si è articolata su 105 indagini e in 28 processi, il record assoluto credo di tutta la storia dell'uomo in qualunque paese del mondo. Questi processi hanno impegnato i miei difensori in 2.560 udienze, con pi— di 1.000 magistrati intervenuti con un costo, per me, di oltre 300 milioni di euro in avvocati e consulenti e credo con un costo di pari importo per lo Stato e quindi per i contribuenti».
Dai pm milanesi il loro "biglietto d'auguri"
Quanto all'ultima vicenda che lo ha investito, l'avviso di garanzia sul caso Ruby, con i magistrati milanesi che lo accusano di prostituzione minorile e concussione, il premier è molto chiaro. «Mi aspettavo francamente che dopo la sentenza della Corte, per ricominciare, attendessero almeno una settimana. Invece i pm di Milano non hanno resistito e la sera stessa mi hanno mandato il loro biglietto di auguri per il nuovo anno e per l'occasione si sono inventati il reato di "cena privata a casa del presidente". Ho dedotto che sono invidiosi e che mi fanno i dispetti per non essere stati invitati anche loro». Come al solito, prosegue ancora il Cavaliere, «domani tutto finirà sui giornali che grideranno allo scandalo seminando veleno e fango nei miei confronti con una intromissione nella mia vita privata che non ha precedenti nella storia del nostro paese e che dimostra la necessità di intervenire con urgenza per evitare che certi magistrati possano impunemente violare la privacy dei cittadini omprimendo la loro libertà».