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INTERVISTA / Ruby: Silvio come la Caritas con lui né amicizia, né sesso

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2011 alle ore 13:46.

È mattina e provo a vedere se il suo telefono è acceso. Appena uno squillo e riattacco, neanche tre secondi e mi chiama lei. «Pronto? Chi è?». «Sono Karima, Karima Moual, ti ho scritto ieri». Lei: «Ah sì, scusami ma è che sono tormentata dalla mattina alla sera. Ti posso richiamare io?». «Va bene». So che non mi chiamerà: provo a scriverle un messaggio per rassicurarla: «Karima, mi piacerebbe che venga raccontata bene la tua storia, credo ci sia una persona vera dietro i soli tacchi e trucco». Passano dieci minuti e Ruby richiama.

«Pronto? Ciao, ma parli in arabo?». Rispondo di sì. E lei inizia a parlarmi. Prima in dialetto egiziano, poi in marocchino: «Sì, sono molto stanca e ho bisogno di aiuto, non ce la faccio più, ci sono i giornalisti e i fotografi che mi assediano, ho bisogno di aiuto, ma tu è vero che racconterai solo quello che ti dico, vero? Mi posso davvero fidare, Karima?». Sì, puoi. «Se vuoi ci possiamo vedere di persona. Ma oggi passerò tutta la giornata dai miei legali». L'appuntamento è rinviato al giorno successivo.

Ma intanto Karima parla. Perché l'assedio della stampa è continuo. Lei risponde al telefonino e racconta quello che è successo e ciò che sta vivendo alla trasmissione «L'ultima parola» su Raidue. Appare amareggiata, preoccupata ma anche grata a Silvio Berlusconi: un gentiluomo che l'ha salvata «da una situazione difficile». Proprio come la Caritas. Ruby da ieri si è rifugiata a Genova in un residence nella periferia della città. Parte dalla questione più delicata. I suoi rapporti con il premier. «Rapporto sessuale no, rapporto d'amicizia tantomeno – ha chiarito –. Posso dire di aver fatto quasi un giro alla Caritas, quando ti danno la busta della spesa. Berlusconi mi ha aiutata, mi ha salvata da una situazione difficile. Posso solo essergli riconoscente, gli voglio un bene dell'anima e spero che tutto questo non lo rovinerà. Posso solo ammirarlo, parlare bene di lui, grazie a lui non sono finita sulla strada né a fare lavori indecenti». Il racconto diventa a tratti sfogo: «Mi ha aiutata senza un tornaconto ma la gente ha manipolato tutte le mie dichiarazioni. Posso capire che il presidente stia sulle scatole a tanti, ma non è giusto usare me».

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Tags Correlati: Catania | Giustizia | Karima Moual | Rai Due | Silvio Berlusconi

 

Ruby è anche tornata sulle sue vicende biografiche per correggere le ricostruzioni apparse sulla stampa. Come la vicenda della sua fuga da casa. «Io non sono scappata, sono stata cacciata, sono stata ripudiata da mio padre. Lui è musulmano, io sono diventata cattolica e, se c'è qualcuno un po' intelligente che sa qualcosa della cultura islamica, può capire cosa pensa un musulmano se la figlia diventa cattolica». Non solo: il padre voleva farla sposare con un uomo molto più grande di lei.

Così ha lavorato come cameriera a Catania e poi è arrivata a Milano. E proprio a Catania, quando aveva 12 anni, ammette di aver rubato una borsa perché non aveva da mangiare né dove dormire. Ma questo è l'unico furto che dice di aver commesso. Certo non quello per cui è stata fermata dalla polizia a maggio. «Questa persona che mi ha accusata deve pagarmi i danni. Mi ha accusata di aver rubato ma io le ho sempre pagato l'affitto. È solo spazzatura». Poi la vicenda giudiziaria nella quale è finita e che l'ha travolta. «Io – ha precisato – non ho denunciato nessuno. Ho parlato con i giudici della mia vita, che non c'entra, non del presidente. Berlusconi è entrato nella mia vita solo una volta, l'ho visto solo una volta». Ruby ha anche assicurato di non averlo mai sentito. «Ci mancherebbe». Questa è oggi la versione di Karima detta Ruby. Vedremo se e quanto contrasterà con i verbali in mano alla magistratura.

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