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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2011 alle ore 17:53.
Un sindacato che si lasci alle spalle il passato, che non abbia paura di dialogare e confrontarsi con gli editori, impegnato per l'unità della professione nella ricerca di condivisione, ma che non si ferma davanti ai suoi obbiettivi, determinato e coraggioso. Un sindacato delle idee e della libertà, delle opinioni diverse unite dalla volontà di stare insieme.
E' quello disegnato da Franco Siddi, confermato segretario della Federazione Nazionale della Stampa per il secondo mandato con 221 voti (su 306 votanti) al XXVI congresso, a Bergamo. Che in apertura, a margine dei lavori, ha ospitato una tavola rotonda con Carlo De Benedetti, Fedele Confalonieri, Piergaetano Marchetti. Sembrano passati più di tre anni dall'ultima assise Fnsi di Castellaneta Marina. Allora il contratto era scaduto da quattro anni, la strada per il rinnovo era tutta in salita e con gli editori c'era il gelo, molti di loro volevano lasciare la Fieg. Adesso invece, Siddi lo rimarca con orgoglio, "il cuore dell'editoria ha riconosciuto che deve confrontarsi con il nostro sindacato". Il segretario cerca le ragioni dell'ottimismo (nonostante il periodo difficile), quelle di Davide contro Golia, per incalzare la controparte su welfare, innovazione, lavoro. La difesa delle testate è uno degli obiettivi prioritari, perché i marchi sono valori anche per i giornalisti, non solo per gli editori. Ma la nuova sfida adesso è quella di un piano strategico per far emergere la precarietà e il lavoro dei free lance, perché la Fnsi vuole ampliare le garanzie, non aumentarle a chi le ha già. Il rischio invece è quello che "passi la linea della devastazione" e per questo il segretario invita tutti a denunciare le situazioni di irregolarità. Una delle promesse del congresso è la creazione di presidi contro il precariato e su questo Siddi fa la voce grossa: controllerà, avverte ("vorrò sapere se le promesse che abbiano fatto da questi microfoni saranno mantenute"). Come dire: cominciamo da casa nostra ad essere credibili. E' un'autocritica, per guardare pure dentro al sindacato (dei giornalisti) a ciò che non funziona e soprattutto "agli spacciatori di sogni che ci sono tra noi".