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Tra accusa e difesa sarà guerra sull'impedimento

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2011 alle ore 14:36.

ROMA - I pm di Milano gli hanno dato appuntamento per venerdì prossimo o, in alternativa, per sabato o domenica. Non solo. Memori della frequenza con cui l'indagato ha usato in altri processi il «legittimo impedimento», gli hanno fatto sapere che potrà presentarsi a qualunque ora, tra le dieci del mattino e le dieci di sera. Scelga lui. Così è scritto nell'invito a comparire notificato al presidente del Consiglio. Ma ieri uno dei suoi avvocati, Piero Longo, confermava che ancora non si è deciso se Berlusconi andrà o no in procura e che «rimane anche aperto il discorso del legittimo impedimento, del quale discuteremo – ha detto – nell'eventualità di un interrogatorio».
La prima carta che il premier potrebbe giocare, dunque, è proprio il «legittimo impedimento», per evitare lo spettro di un rinvio a giudizio fulmineo e, quindi, di un processo lampo che lo vedrebbe imputato di reati gravissimi, quali la concussione (carcere da 4 a 12 anni) e la prostituzione minorile (da 6 mesi a 3 anni) contestatigli dalla Procura di Milano in relazione alla vicenda Ruby. I pm Ilda Boccassini, Antonio Sangermano e Pietro Forno hanno già preannunciato di voler chiedere il rito immediato al giudice per le indagini preliminari, forti delle prove «evidenti» raccolte finora. E tutto fa pensare che lo chiederanno a prescindere dall'autorizzazione della Camera alla perquisizione nell'ufficio di Giuseppe Spinelli (uomo di fiducia e amministratore della cassa "familiare" di Berlusconi) che punta solo ad aggiungere riscontri sui movimenti di danaro alle fanciulle ospiti dei festini di Arcore e sulla gestione degli appartamenti di Milano Due ceduti in «comodato d'uso» alle ragazze.
In base al Codice, c'è tempo fino al 21 marzo per chiedere al gip il rito immediato (tre mesi dall'iscrizione del premier nel registro degli indagati), ma la procura vuole fare in fretta. Manca solo l'interrogatorio dell'indagato. Condizione necessaria ma non indispensabile. Basta, infatti, l'invito a comparire: se Berlusconi non si presenta e non dà spiegazioni, i pm possono andare avanti lo stesso con la loro richiesta; se invece oppone un «legittimo impedimento», bisognerà trovare altre date, e così via finché continuerà a usare «impedimenti», sempre che i pm li considerino legittimi. Insomma: sarà guerra.

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Tags Correlati: Antonio Sangermano | Arcore | Camera dei deputati | Corte Costituzionale | Francesco De Lorenzo | Giuseppe Spinelli | Ilda Boccassini | Nicole Minetti | Piero Longo | Pietro Forno |

 

Legittimo impedimento e incompetenza della procura di Milano sono le prime armi che Ghedini e Longo useranno per evitare la tegola del giudizio immediato (che, una volta deciso, non è impugnabile). I due legali sono convinti che, nonostante la bocciatura della legge, la Consulta abbia lasciato spazio a un «legittimo impedimento valido ex lege», che non può essere messo in discussione dal giudice se non aprendo la strada «una serie infinita di conflitti». Su questo faranno leva, anche se ancora non si conoscono i motivi della sentenza della Corte, depositata tra un paio di settimane. Ma la minaccia di una guerra a colpi di «legittimo impedimento» non impensierisce la procura, non foss'altro perché i pm sono in servizio attivo permanente 24 ore su 24, sabati e domeniche compresi. Di qui al 21 marzo è difficile che il premier non riesca a trovare un buco per comparire davanti ai magistrati, se ritiene necessario l'interrogatorio. Di fronte a un ostruzionismo dilatorio (date concordate che saltano all'ultimo momento per sopravvenuti legittimi impedimenti) i pm sono decisi, proprio in forza della sentenza della Corte, ad andare avanti. Anche perché un eventuale conflitto di attribuzioni sollevato dal premier non avrebbe effetti sospensivi.
Sarà guerra anche sulla competenza. I legali di Berlusconi, pur vedendo nell'indagine una «grave violazione della vita privatissima», ritengono che competente a indagare sarebbe il Tribunale dei ministri perché il reato di concussione contestato al premier sarebbe stato consumato nell'esercizio delle sue funzioni pubbliche. Quanto al reato di prostituzione minorile (consumato ad Arcore), la competenza spetterebbe al Tribunale di Monza. L'eccezione verrà messa subito sul tavolo del Gip, ma non preoccupa la Procura. Secondo i pm, la concussione (consumata con la telefonata in Questura per indurre i funzionari ad affidare Ruby a Nicole Minetti) fu commessa «abusando» della «qualità» di premier e non dei «poteri» (solo in tal caso la competenza sarebbe del Tribunale dei ministri), per «occultare» di essere stato il cliente di una prostituta minorenne e assicurarsi l'impunità da questo reato (prostituzione minorile). Che, in quanto connesso alla concussione (più grave), rientra nella competenza di Milano. Nel '94, lo dissero anche le sezioni unite della Cassazione a proposito dell'ex ministro Francesco De Lorenzo: c'è abuso dei poteri (e quindi competenza del Tribunale dei ministri) solo se l'atto è posto in essere in un contesto che lo lega alla competenza funzionale del ministro. Insomma, se a telefonare fosse stato Maroni, sarebbe stato diverso. Quello di Berlusconi sarebbe un tipico caso di «abuso di qualità».
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