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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2011 alle ore 08:11.
TORINO. Dal nostro inviato
A questo punto, il quadro si è chiarito. Nelle ultime settimane in Italia la vicenda di Mirafiori ha modellato, con una certa brutalità, i rapporti fra i maggiorenti del Pd (nei fatti favorevoli a Marchionne) e Nichi Vendola che, nel gioco del travaso fra politica e sindacato, in caso di vittoria del no avrebbe avuta una tale benzina emotivo-mediatica da provare a lanciare una sorta di Opa sulla sinistra.
Anche il contesto torinese, però, ne esce segnato. Questa mattina alle dieci, al Lingotto Piero Fassino presenterà la sua candidatura a sindaco di Torino. Lui, che si è speso non poco a favore dell'accordo siglato da Marchionne e da tutti i sindacati ad eccezione della Fiom-Cgil, sarebbe stato azzoppato da una vittoria dei no. Certo una tale prova di forza della Fiom non se lo sarebbe aspettata. E, sotto il profilo del suo posizionamento, si sarebbe senz'altro avvantaggiato di un sì più corposo. Ma tant'è. Primum vivere. Adesso scenderà in campo avendo ottenuto l'appoggio del sindaco uscente Sergio Chiamparino, anch'egli espostosi più volte per Marchionne. Anche se, nell'ultimo mese, la sua candidatura (paradossalmente vissuta come romanocentrica, anche se "Piero" negli anni Settanta era uno dei ragazzi di via Chiesa della Salute) ha reso critica la situazione dentro al Pd locale, con il presidente regionale Gianfranco Morgando (cattolico popolare) e la segretaria cittadina Paola Bragantini (di origine diessina) all'inizio favorevoli al nome del rettore del Politecnico, Francesco Profumo, e ora in difficoltà di fronte al proliferare incontrollato di candidati alle primarie del prossimo 27 febbraio. Nella coltre emotiva che si è depositata su Torino il giorno dopo il referendum, la politica e il sindacato si intersecano, si sovrappongono, si ibridano. E, così, tornerebbe a prendere quota la candidatura a Palazzo Civico di Giorgio Airaudo, che chiuso dentro alla Fiom dall'ala dura di Maurizio Landini e di Giorgio Cremaschi potrebbe ora passare all'incasso di una popolarità torinese frutto del suo carisma di responsabile nazionale dell'auto, di uomo di fabbrica con buoni rapporti con la borghesia democrat, accettando il corteggiamento dei vendoliani di Sinistra Ecologia e Libertà, che aveva fatto cadere in attesa della conclusione della questione di Mirafiori.