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Berlusconi infuriato: «O me o le elezioni»

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2011 alle ore 08:08.

Silvio Berlusconi era ben consapevole che da ieri nulla sarebbe stato più come prima. Per questo domenica aveva diffuso il video-messaggio in cui sostanzialmente bollava come mere chiacchiere i contenuti delle intercettazioni, che ventiquattr'ore dopo sarebbero finite sulle prime pagine di tutti i siti e di tutti i giornali. Nel Pdl la preoccupazione è altissima e molti si sono rivolti a Gianni Letta per chiedere lumi. Berlusconi è rimasto a Milano con i suoi avvocati, mentre il suo sottosegretario alla presidenza del consiglio, unico vero consigliere del premier, sta tentando ancora una volta di tenere unite le fila, interloquendo con i principali rappresentanti della vita politica e soprattutto istituzionale, primo fra tutti il capo dello Stato.

Lo spettro delle urne torna ad avvicinarsi. Ma anche quello di un governo senza Silvio Berlusconi. «Io non mi dimetterò mai, che mi sfiducino se sono capaci, non ho certo paura di andare a votare!», è la risposta del premier, furioso per la "fuga" di notizie e nonostante i sondaggi al momento non siano confortanti. Il problema è che non è affatto facile andare a votare. Le condizioni in cui matura questa nuova crisi sono ben diverse da quelle che precedettero il voto di sfiducia del 14 dicembre. Stavolta l'incertezza non è tanto sulla conta in parlamento, bensì gli effetti devastanti della «campagna di fango», dello «sputtanamento» presso l'opinione pubblica. Tant'è che a prospettargli l'ipotesi del «passo indietro», sono state anche alcune persone assai vicine al Cavaliere. Ma Berlusconi non vuole e non può farlo. Non è nelle sue corde, di chi «rimane in piedi anche quando sviene», come ricorda una deputata che lo conosce bene. E non può perché, facendosi da parte, farebbe venir meno anche quel che rimane dello scudo del legittimo impedimento.

Anche tra i pidiellini l'aria che tira è plumbea, preoccupata, a tratti di sconforto. Più di qualcuno, trincerandosi dietro l'anonimato, si sfoga così: «Dopo Noemi, la D'Addario arrivano Ruby e le altre?! Non sappiamo più che pensare, forse aveva ragione Veronica...». Anche la rivelazione sulla presunta fidanzata (si parla della ventiseienne ex miss Torino Roberta Bonasia) non è stata una mossa ritenuta sufficiente a diradare i sospetti sulle serate di Arcore.

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Tags Correlati: Camera dei deputati | Fabrizio Cicchitto | Francesco Rutelli | Gianfranco Fini | Gianni Letta | Giulio Tremonti | Governo | Lega | Milano | Montecitorio | PDL | Pierferdinando Casini | Silvio Berlusconi

 

La Lega continua a non prendere posizione. Anche il ministro dell'Economia Giulio Tremonti evita di pronunciarsi. Tanto basta per far di nuovo scatenare il tam tam sul governo tecnico o di responsabilità. Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera in stretto contatto con il premier, ribadisce che con Bossi «c'è un rapporto forte», che Lega e Pdl staranno insieme «o per governare o per le elezioni». Ma il Carroccio non può permettersi di far franare la legislatura senza aver ottenuto il federalismo e con una campagna elettorale incentrata tutta sulla salvezza di Silvio Berlusconi da quello che il Cavaliere bolla come «il complotto della procura di Milano».

La Lega attende il dispiegarsi degli eventi. Questa settimana potrebbe rivelarsi decisiva. Il federalismo è atteso alla prova della bicamerale e durante il week end il premier è stato chiamato a presentarsi davanti ai giudici di Milano. Berlusconi con i suoi legali ha già deciso che non si recherà in procura. Ci penseranno i suoi avvocati eccependo l'incompatibilità. Quanto al federalismo il terzo polo è intenzionato a farsi sentire.

Ieri Gianfranco Fini, Pierferdinando Casini e Francesco Rutelli si sono riuniti per mettere a punto la strategia dei prossimi giorni. I terzopolisti non sono intenzionati a «regalare» a Bossi il federalismo, per poi lasciar libero il Senatur di staccare la spina e andare all'incasso con gli elettori. Tant'è che adesso apertamente parlano di essere pronti ad andare al voto ma anche a sostenere un governo «senza Berlusconi».

Il gioco del cerino è ricominciato. L'obiettivo del presidente della Camera e del suo predecessore a Montecitorio è il «logoramento». Quello della Lega di tirarsi fuori il prima possibile dalla «palude». Quello del Cavaliere di rimanere in sella, nonostante Ruby.

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