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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2011 alle ore 06:35.
Per la prima volta dall'inizio della crisi del 2008 il tasso d'inflazione accenna a salire oltre gli obiettivi delle autorità monetarie dei paesi industrializzati. Le stime della Banca centrale europea pongono l'inflazione attesa al 2,2% e le recenti dichiarazioni di Jean-Claude Trichet, presidente della Bce, fanno credere che le autorità monetarie potrebbero ricorrere a un aumento dei tassi d'interesse a breve già alla fine del 2011. I recenti aumenti dei tassi d'interese sui titoli pubblici dei paesi europei potrebbero in parte riflettere le aspettative di un aumento dei prezzi, oltre che il rischio di insolvenza dei paesi periferici.
In realtà, l'inflazione sembra generata prevalentemente dalla crescita dei prezzi dei prodotti energetici e delle materie prime, ma le dichiarazioni di Trichet confermano le aspettative che la ripresa economica europea si sta consolidando. Tra breve sapremo se anche la Federal Reserve comincerà a riflettere su una possibile revisione della politica monetaria espansiva adottata negli ultimi due anni e riaffermata a novembre con un acquisto di obbligazioni pari a 600 miliardi di dollari. Nei paesi emergenti, dove l'economia reale cresce a ritmi molto più sostenuti, le politiche monetarie per contenere la crescita dei prezzi sono cominciate già da molti mesi, con aumenti dei tassi a breve e delle riserve bancarie.
Un aumento dell'inflazione riflette, quindi, in parte, un miglioramento della situazione economica globale. Dall'inizio della crisi economica, il governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke, paventava che la recessione del 2008 si tramutasse in una prolungata deflazione di tipo giapponese. Poiché i debiti degli operatori finanziari (e del settore pubblico) sono definiti in termini nominali, la caduta dei prezzi determina, di fatto, un trasferimento di risorse a danno dei debitori, alimentando, per questa via, il prolungamento della crisi finanziaria. Inoltre, le aspettative di una discesa dei prezzi ritarda gli acquisti e genera un calo della domanda aggregata.
Tuttavia, un ritorno dell'inflazione non è privo di incognite. Le politiche di quantitative easing, cioè il sistematico acquisto di titoli da parte delle banche centrali, ha generato un'enorme riserva di liquidità a disposizione degli intermediari finanziari che, finora, non è stata utilizzata a causa della mancanza di fiducia e della volontà di costituire fondi precauzionali. Cosa succederà quando alle banche sarà tornato l'appetito per il rischio e per i rendimenti? Se la liquidità verrà utilizzata per un improvviso e rapido aumento del credito, la domanda aggregata potrebbe crescere più rapidamente dell'offerta e la dinamica dei prezzi potrebbe sfuggire al controllo delle autorità monetarie. Quali strumenti potranno utilizzare le banche centrali per evitare che ciò avvenga? Basterà un aumento dei tassi d'interesse?