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Il Pdl valuta il voto anticipato

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2011 alle ore 08:07.

«Valuteremo se ci sono le condizioni per lo sviluppo dell'attività di governo, cosa che auspichiamo, oppure se ci dovrà essere un ricorso alle urne, anche per tutelare la libertà di questo paese». Nel giorno in cui la giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera riceve il fascicolo dell'inchiesta milanese su Ruby che vede il premier indagato per concussione e prostituzione minorile, la vicenda sembra avere ripercussioni anche sulla tenuta del governo. È Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, a non escludere il ricorso al voto invocato a più riprese in queste ore dalla Lega. «Con Bossi manteniamo un rapporto molto forte – precisa Cicchitto – e con lui andremo avanti o con il governo o per le elezioni. Intanto domani come risposta verrà costituito il gruppo parlamentare della terza gamba della maggioranza (il cosiddetto gruppo dei responsabili, ndr)».

Urne anticipate a parte, la solidarietà nei confronti del premier del maggiore partito della maggioranza è totale. La linea, dettata da Cicchitto e ripetuta dagli altri big azzurri, è di attacco ai pm milanese e di difesa della privacy del premier: «Contro Berlusconi più che un blitz giudiziario è stato realizzato un blitz militare – è l'accusa –. Qualunque persona andava ad Arcore veniva schedata, seguita, intercettata. È in corso un'operazione che ha caratteri fortissimi di destabilizzazione, che mette a repentaglio la libertà di tutti. In ballo non c'è soltanto Berlusconi, ma libertà elementari che riguardano ognuno di noi. In Italia si apre una questione di libertà». Né mancano le solite accuse all'opposizione di cavalcare «la via giudiziaria al potere» (Osvaldo Napoli).

Il Pdl che si stringe in difesa attorno a Berlusconi non fa comunque passare in secondo piano il fatto che per la prima volta dal voto di fiducia del 14 dicembre scorso il partito del premier parla chiaramente della possibilità del voto anticipato, allineandosi agli umori della Lega. «Se non passa il federalismo – ribadiscono infatti nel Carroccio – si va tutti a casa». E il costituendo terzo polo non si fa trovare impreparato. «Se vogliono andare al voto, noi siamo pronti»: è Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc, a parlare in serata. Pronti al voto ma anche, sottolinea, «a fare la nostra parte se un governo senza Berlusconi fosse una possibilità concreta». Nel pomeriggio, in un incontro durato due ore, Casini ha concordato la linea con Gianfranco Fini e Francesco Rutelli. Il caso Ruby sembra aver riavvicinato molti leader di Fli e Udc: Fini e Casini hanno ribadito la convinzione che il premier debba chiarire la vicenda Ruby davanti ai pm e «togliere ogni ombra». Ma non solo. Le ultime vicende giudiziarie hanno convinto i leader centristi che non è il caso di andare a fare da stampella al governo, a cominciare dal federalismo, che rischia di essere dunque la prima vittima politica della bufera Ruby. Il terzo polo potrebbe insomma chiudere definitivamente le porte al provvedimento tanto caro alla Lega. Non tanto per il contenuto della legge – è il ragionamento fatto ieri – quanto per l'atteggiamento di Bossi che, una volta incassato il federalismo, non avrebbe più stimoli a continuare la legislatura per fare il pieno di voti alle urne. Dunque nessun favore a Bossi. «Se pensano che per paura delle elezioni siamo ai saldi di fine stagione e accettiamo di tutto si sbagliano», è il ragionamento di Casini.

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Tags Correlati: Bossi | Camera dei deputati | Carmelo Briguglio | Fabrizio Cicchitto | Federico Palomba | Francesco Rutelli | Gianfranco Fini | Giustizia | Idv | Lega | Milano | Osvaldo Napoli | Pd | PDL | Pier Ferdinando Casini | Udc |

 

Il segno che il clima è improvvisamente cambiato è dato anche dal fatto che in Futuro e libertà, per bocca di Carmelo Briguglio, ritorna dopo alcune settimane di toni bassi la richiesta di dimissioni del premier. Richiesta di dimissioni su cui sono uniti anche Pd e Idv. Per i democratici parla il coordinatore della segreteria Maurizio Migliavacca: «Una vicenda umiliante per il paese», detta. E il dipietrista Federico Palomba, che come membro della giunta per le autorizzazioni della Camera ha visionato le carte inviate dalla procura di Milano, rincara la dose: «Emerge un quadro desolante – dice –. Sotto il profilo umano di profonda abiezione e sotto il profilo istituzionale devastante, che mette a rischio la sicurezza dello Stato ed espone l'Italia al ridicolo in tutto il mondo. Berlusconi si deve dimettere». (Em. Pa.)

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