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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2011 alle ore 08:08.
CITTÀ DEL VATICANO - La Chiesa alza i toni. Nel secondo giorno di rivelazioni sul nuovo caso giudiziario che investe Silvio Berlusconi, dalle gerarchie ecclesiastiche arrivano avvertimenti per un cambio di passo. «Chiarezza necessaria» sulla vicenda Ruby è stato il titolo dell'editoriale del direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, nel quale si esprime preoccupazione e si attende che l'inchiesta si concluda al più presto. Per il giornale della Cei se i due reati contestati - concussione e prostituzione - fossero confermati, sarebbero il primo «il più grave», il secondo «sul piano della valutazione morale, addirittura insopportabile». Il fatto, si legge ancora, che un premier «sia implicato in storie di prostituzione e, peggio ancora, di prostituzione minorile, ferisce e sconvolge». Rafforza il Sir, agenzia dei vescovi: «Sull'ennesimo scandalo politico-giudiziario occorre fare «chiarezza», farla subito e «in termini stringenti», per non tenere «sul filo politica, istituzioni e governabilità». L'Osservatore Romano - quotidiano della Santa Sede diretto da Gian Maria Vian - pubblica integralmente e senza commenti la nota del Quirinale sul caso. La scelta del giornale vaticano - che solitamente è molto prudente su vicende di questo tipo - segnala come da Oltretevere, senza voler dare l'impressione di voler fare delle ingerenze, c'è piena adesione alla linea del Colle. E Famiglia Cristiana sottolinea nella vicenda della «minorenne Ruby, marocchina che si tentò di far passare per nipote del presidente egiziano, risalta la personalità di un politico che, forse, ha sbagliato secolo, immaginandosi simile ai signori rinascimentali ai quali tutto era permesso, grazie all'assenza di un'opinione pubblica informata e all'acquiescenza delle gerarchie circostanti». Il settimanale dei Paolini parla anche di «una politica stretta intorno alla presenza di una sola persona, fino a un devastante conflitto fra le istituzioni».
Tutte prese di posizione queste che confermano come dentro la Chiesa aumenti il disagio, specie sul territorio, tra i vescovi diocesani, il clero e alcuni movimenti. La linea prudente prevale ancora dentro la Curia - guidata dal segretario di Stato, Tarcisio Bertone - con un atteggiamento attendista: aspettare il risultato delle inchieste augurandosi che non si vada al voto. Il pressing sull'Udc si è smorzato e per ora i vescovi cercano di stare alla finestra, ma senza dare l'impressione di ignorare i fatti. Infatti sta crescendo dentro l'espiscopato una linea che punta a favorire una "transizione morbida", quindi senza strappi violenti, magari verso una soluzione condivisa (nell'ambiente Giulio Tremonti resta il favorito, ma anche Gianni Letta). Su questa posizione si aggrega il grande centro, tra cui il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, che lunedì prossimo parlerà al consiglio permanente, anche se oggi ha voluto precisare che non entrerà in questioni politiche. Poi dentro l'espiscopato ci sono figure di presuli molto combattivi, specie in zone di "frontiera", che non hanno remore ad avanzare critiche, intercettando una grossa fetta di cattolici a disagio.