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La mission dell'esercito è la contesa con Taiwan

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2011 alle ore 07:52.

Al vertice con il presidente Barack Obama il collega Hu Jintao si è presentato con una grande "ombra" sulle spalle, quella dei militari cinesi che hanno sfidato la supremazia tecnologica Usa con il primo volo del loro aereo invisibile. Non è chiaro quanto Hu sostenesse il test, tenutosi contemporaneamente alla visita a Pechino del segretario alla Difesa Usa Bob Gates. Ma la carica più importante di Hu è proprio quella di presidente della commissione militare. Questo incarico fu l'ultimo lasciato da Deng, memore che da Mao in poi «il potere politico nasce dalla canna del fucile».

Il partito e l'esercito sono infatti due strutture l'una dentro l'altra. I soldati sono ancora i grandi elettori del vertice cinese, visto che allo scorso congresso del 2007 quasi il 30% dei delegati erano membri dell'esercito. Inoltre la sicurezza sociale dipende dalla "polizia armata", i wu jin, che fanno capo, un po' come i nostri carabinieri, al ministero dell'Interno e alle Forze armate, ma sono un corpo militare.

Il problema centrale dell'esercito è però qual è oggi la sua missione e la sua ambizione. Sotto Mao era chiarissimo: portare la rivoluzione all'interno del paese contro giapponesi o nazionalisti, ma anche, negli anni 50 e 60, in appoggio alle forze comuniste in altri stati, dalla Corea, all'Indonesia, alla Malesia, al Vietnam, alla Birmania o al Mozambico.

Deng, arrivato al potere alle fine degli anni 70, cambiò registro, tagliando tutte le missioni "rivoluzionarie" all'estero e schierando nel 1979 le sue truppe contro quelle di un paese ex fratello, il Vietnam, che nel frattempo aveva invaso un altro paese fratello, la Cambogia. La guerra contro il Vietnam fu un disastro e Deng diminuì di mezzo milione i soldati, ma soprattutto creò con loro una nuova alleanza politica. I militari non avrebbero avuto altri soldi (peraltro pochi in generale) per le armi ma in compenso avrebbero potuto mettersi in affari.

Dagli anni 80 l'esercito fu uno dei motori della crescita economica aprendo migliaia d'imprese e accaparrandosi privilegi sempre più grandi in una fase d'espansione del commercio estero. Questa fase ebbe una prima frenata a metà degli anni 90. Al tempo, la Cina era in trattative per entrare nell'associazione del commercio mondiale, che allora si chiamava Gatt, progenitrice della Wto, e la disputa era il livello delle tariffe chiesto dall'Occidente. Ma uno studio dell'Accademia delle scienze sociali sbloccò gli ostacoli interni cinesi perché provò che di fatto il livello delle tariffe cinesi sul totale delle importazioni, quelle ufficiali e quelle di contrabbando, era inferiore alle tariffe richieste dal Gatt.

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Tags Correlati: Barack Obama | Bob Gates | Forze Armate | Gatt | Hu Jintao | Ma Ying-jiu | Ministero dell'Interno | Pechino | Stati Uniti d'America | Taiwan | Vietnam

 

Se il governo avesse tagliato le tariffe per il Gatt stroncando il contrabbando, le entrate fiscali cinesi sarebbero aumentate insieme alla protezione del mercato interno. Il contrabbando era in buona parte sotto la tutela dell'esercito. Il governo cinese, allora, tra il 1997 e il 1999 tolse tutte le aziende all'esercito, eliminò i privilegi, che erano quelli d'importare senza controlli doganali, eliminò radicalmente il contrabbando ed entrò nella Wto. Ma per fare questo ci fu un nuovo patto politico con l'esercito. Non avrebbero fatto più soldi con gli affari ma avrebbero dovuto fare i soldati a tempo pieno, ergo avrebbero avuto denaro direttamente dallo stato per comprarsi nuove armi. Contemporaneamente, la Cina si arricchiva, aumentava le entrate fiscali, non aveva spese sociali, visto che scuole e ospedali sono a gestione privatistica, e quindi aveva sempre più soldi da spendere nell'esercito.

Nel passato decennio le spese militari sono aumentate di oltre il 10% l'anno, più del tasso di crescita del Pil, e sono state anche distribuite diversamente dal passato. Aviazione, missilistica e marina hanno fatto la parte del leone rispetto alle forze di terra, che un tempo erano dominanti. Il mandato è diventato impedire una sconfitta in caso di confronto limitato su Taiwan. Tale confronto Hu non lo vuole, visto che poi ha avviato rapporti intensi con il presidente dell'isola, Ma Ying-jiu, ma anche solo questa semplice eventualità crea una possibile tensione con gli Usa, impegnati a difendere l'isola da un eventuale attacco.

Qui il limite è sottilissimo e non più militare ma politico. Vista dalla Cina, la promessa d'impegno americano contro un attacco di Pechino a Taiwan quanto è passiva e quanto invece non è un attivo impegno americano a impedire la riunificazione?

Secondo i generali cinesi, ma anche per Hu stesso che ha così tanto spinto sulla causa della riunificazione, l'atteggiamento degli Usa su Taiwan è cruciale. Ma può essere anche cruciale, per certi settori dell'esercito, mostrare che la soluzione del problema di Taiwan non è avvenuta tanto per manovre politiche ma per prese di posizioni militari. Inoltre, in vista del congresso del 2012, i militari stessi o le forze che vogliono il loro appoggio possono cavalcare politiche più muscolari.

Queste sono le differenze, c'è poi un comune denominatore, la diffidenza profonda verso gli Usa, cordialmente ricambiata, secondo i cinesi. Il compito di Hu oggi è allora doppio: cercare di rassicurare Obama ma anche portare a casa solidi argomenti con cui convincere nei prossimi giorni gli altri membri dell'ufficio politico della sostenibilità, o meno, di un rapporto di crescente fiducia con l'America.

Questo a sua volta definirà il futuro mandato politico dell'esercito cinese. Senza bisogno di pensare a ostilità, la missione delle forze armate cinesi dovrà essere insieme o senza gli Usa? Il pattugliamento delle rotte navali fra 10-20 anni dovrà essere insieme, in coordinamento, alle navi americane o no? Le prime condizioni alle risposte a queste domande si sono poste in questi giorni con il vertice Obama-Hu.

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