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Quando il killer è tra gli alleati

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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2011 alle ore 06:38.


Soldati afghani che uccidono soldati occidentali. Che aprono il fuoco, intenzionalmente, con l'obiettivo di eliminare chi li ha addestrati e divide con loro tante pericolose missioni. Chi sono? Terroristi che hanno penetrato le maglie del sistema di sicurezza? Emissari dei talebani che si sono infiltrati nell'esercito afghano (Ana) o nella polizia, attendendo il momento propizio? Oppure uomini esasperati per l'uccisione, per errore, di alcuni familiari durante i raid della Nato? O, infine, militari alterati dal continuo uso di droghe?
Stabilirlo è difficile. Dei rogue soldiers molto spesso non resta che il nome. Quasi tutti sono stati uccisi mentre cercavano di portare a termine il loro atto di follia omicida, o sono fuggiti. Non si tratta, comunque, di fuoco amico. Con questa espressione si definisce l'uccisione, o il ferimento per errore, da parte di militari della stessa coalizione. Non è questo il caso.
L'attentato di ieri è solo l'ultimo di una lunga serie di episodi analoghi. Un fenomeno in crescita che getta ombre inquietanti sull'affidabilità dell'esercito afghano; negli ultimi 14 mesi oltre 20 tra soldati e addestratori del contingente Nato (Isaf) sono morti così. Uccisi a pochi metri da un alleato afghano. A pochi metri perché gli accordi tra Nato e Kabul prevedono che i soldati afghani agiscano congiuntamente con quelli stranieri, dividendo le missioni, marciando fianco a fianco. Non esiste avamposto di combattimento - che sia americano, italiano o britannico - senza a pochi metri un avamposto afghano.
L'ultimo episodio risale allo scorso novembre, nella provincia di Nangharhar. Quando un poliziotto afghano aprì il fuoco contro sei funzionari americani incaricati all'addestramento uccidendone sei. Pochi giorni prima, nella riottosa valle di Sangin, nella provincia meridionale di Helmand, la più calda, un militare dell'Ana sparò contro i marines uccidendone due, oltre a un afghano, per poi darsi alla fuga. Tre mesi prima, in agosto, la stessa sorte toccò alle truppe spagnole, nella provincia settentrionale di Badghis; una recluta afghana assassinò due militari spagnoli e il loro interprete. Era passato poco tempo dal 22 luglio, quando, nella provincia settentrionale di Mazar-e Sharif un ufficiale afghano incaricato di addestrare i suoi compagni uccise due funzionari della sicurezza americani. Sempre in luglio, ancora una volta nell'Helmand, un soldato dell'Ana scaricò il suo lanciagranate contro i soldati britannici, uccidendone tre e ferendone quattro. Si diede alla fuga. Anche in questo caso, i talebani rivendicarono paternità dell'attentato e dell'attentatore.

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Tags Correlati: Afghanistan | Ahmed Rashid | Nato |

 

Per le forze britanniche fu un colpo durissimo. Otto mesi prima, un altro soldato afghano sorprese un plotone che si riposava su un tetto presso un checkpoint congiunto. Fu una strage: cinque vittime e diversi feriti. Il 29 dicembre successivo poteva andare peggio. Mentre alcuni militari italiani e americani stavano scaricando i rifornimenti da un elicottero alla base di Bala Murghab, un soldato afghano li investì con una raffica di kalashinikov; un americano perse la vita, due italiani furono leggermente feriti.
Non sono ancora casi così numerosi da mettere in crisi le relazioni tra Kabul e il contingente Nato. Ma sono un campanello d'allarme. Tra meno di tre anni la Nato, oggi circa 150mila uomini in Afghanistan, dovrebbe ritirarsi cedendo la sicurezza all'Ana. Entro quella data l'obiettivo prefissato è di portare l'Ana a 240mila soldati (oggi sono circa 100mila in meno) e la polizia a 165mila (oggi sono 120mila). Nonostante lo sforzo e la buona volontà, delle truppe dell'Isaf, l'addestramento, che pure segna grandi progressi, è complesso. L'esercito afghano è una sorta di non esercito, un calderone di etnie (pashtun, hazara, tajiki, uzbeki) in passato spesso in guerra tra loro. «Sebbene l'80% delle unità dell'esercito afghano sia affiancato ad altrettante unità di soldati Nato, nessuno potrebbe affermare che una sola di esse saprebbe assumere il controllo sul terreno», scriveva l'analista pakistano Ahmed Rashid lo scorso 7 luglio. Aggiungere 100mila soldati da qui al 2010 invevitabilmente creerà delle falle nella selezione da parte di Kabul. Piagata dalla corruzione e dall'analfabetismo (70%) la polizia versa in una situazione ben peggiore. Ci vorrà del tempo. Probabilmente parecchio più del previsto.
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