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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2011 alle ore 06:44.
TUNISI. Dal nostro inviato
Che governo avremo oggi in Tunisia? La piazza non si fa troppe domande e vorrebbe spazzare via dopo Ben Alì anche i resti del regime con un parola d'ordine: «Il dittatore è andato, la dittatura è ancora qui». Su Avenue Bourghiba le donne portano pane e acqua: «Di questo - dicono - possiamo fare a meno, della libertà no». Gridano inferociti i giovani che affollano il boulevard, teatro della rivolta che ha cacciato il raìs, e i loro slogan, prima che la polizia li disperda con i lacrimogeni, salgono fino alla Casbah, nel Palazzo del bey, dove il governo di unità nazionale del primo ministro Mohammed Gannouchi, in meno di 24 ore, perde quattro ministri dell'opposizione e una manciata di sottosegretari.
Sfilano a centinaia nella capitale, dove si radunano davanti alla sede della Ugtt, il sindacato che su pressione dei militanti sfiducia il governo appena nato. Poi tentano la marcia verso viale Mohammed V, fermati dai cordoni della sicurezza, per stringere d'assedio il palazzo del partito del regime, l'Rcd, il Raggruppamento democratico costituzionale. A Sfax una folla di migliaia di manifestanti prima ne reclama lo scioglimento e poi polverizza la sede, decretando che l'Rcd, nel maggiore centro industriale del paese, non esiste più.
La creatura politica di Ben Alì per oltre vent'anni ha monopolizzato la vita politica: gli iscritti, secondo i dati di cui si vantava il regime, erano due milioni mezzo che accorrevano in massa alle urne anche quando non volevano: «Non sono mai andato una volta - dice l'assicuratore Hisham - ma ricevevo regolarmente un certificato che confermava il mio voto». Forse alcuni dei militanti entusiasti di un tempo stanno per volatilizzarsi. Su richiesta del partito Ettajid, gli ex comunisti nella coalizione, il presidente della repubblica Fued Mbazza, 79 anni - una lunga e onorata carriera trascorsa a occupare cariche istituzionali pompose ma nella realtà insignificanti - si dimette dall'Rcd, imitato da Mohammed Gannouchi, il primo ministro per tutte le stagioni, che per salvare il suo ultimo governo deve concedere qualche cosa ai ministri dell'opposizione per farli rientrare. Tecnicamente questi non sono proprio dimissionari, non hanno ancora giurato fedeltà alla Costituzione. Mustafa ben Jafaar, ministro della Sanità, sarebbe tentato, dopo il gran rifiuto, di partecipare oggi alla prima riunione dell'esecutivo.