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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2011 alle ore 11:34.
Il berlusconismo perde pezzi tra i fedeli. Ma soprattutto tra le gerarchie ecclesiastiche, che fino a poco tempo fa erano in buona parte schierate con il Cavaliere. Il picco massimo fu raggiunto tra il 2005 e il 2007 - anni d'oro dell'era del cardinale Camillo Ruini - a cavallo tra il fallito referendum sulla procreazione e il Family Day. Erano gli anni in cui la maggioranza delle porpore a causa dei Dico non dette tregua al cattolico adulto Romano Prodi, che resta l'unico leader politico di statura nazionale che va in chiesa sul serio.
Rivinte dal centrodestra nel 2008 le elezioni grazie anche all'appoggio delle gerarchie e garantita la messa in sicurezza da ogni deriva laicista - dal testamento biologico alle coppie di fatto - il mondo cattolico nel suo insieme ha dovuto fare i conti con gli scandali, veri o presunti, ma sicuramente mediatici. Da Noemi alla D'Addario, giù giù per le varie escort fino a Ruby e compagne, i monsignori ma soprattutto l'universo cattolico - quello che fa volontariato e manda i figli in parrocchia e che secondo i sondaggi aveva votato in maggioranza Pdl - ha subito scossoni a non finire, che hanno messo a dura prova la fedeltà a quel centrodestra che era stato votato in maggioranza.
La Cei del cardinale Angelo Bagnasco può vantare una maggior distanza da Berlusconi da quella di Ruini, anche se si è sempre apprezzato lo sbarramento a ogni fuga lontana dai valori "non negoziabili". Ma quando la misura si colmava interveniva. Lo ha fatto molte volte Avvenire, ma anche direttamente il vertice della Conferenza: il segretario Crociata parlò di "libertinaggio". Ora sta crescendo la schiera di prelati di territorio che è favorevole ad una "transizione morbida" dell'attuale assetto, magari sempre dentro il centrodestra. Quindi si guarda con favore a Giulio Tremonti, a Gianni Letta, forse ad Angelino Alfano. In questo quadro entra in scena l'Udc, verso cui Ruini ha fatto pressing perché non entrasse nella combinazione con il Fli: Pierferdinando Casini ha scelto una linea politica più realista, ma resta comunque in miglior asset della Chiesa, anche se con il filtro del democristiano e non con l'obbedienza dell'ateo devoto. Ruini, quindi, gioca ancora un ruolo importante e tiene la puntata sul Cavaliere, ma guardando anche lui al dopo, magari con un allargamento della maggioranza che possa garantire di non andare al voto ed evitare che il terzo polo si avvicini troppo al Pd. Lo zoccolo duro degli interlocutori del premier resta in buona parte in Curia: il segretario di Stato, Tarcisio Bertone, tiene ferma la barra istituzionale: sa che solo il Cavaliere alla fine può traghettare il paese verso nuove elezioni, ma fa sapere al presidente Giorgio Napolitano che comunque di là dal Tevere si sposerà la linea del Quirinale (la pubblicazione della nota del Colle sull'Osservatore Romano è un chiaro segnale). Sempre vicino al premier c'è Cl, il più grande e forte movimento dentro la Chiesa, che esprime esponenti del centrodestra come Roberto Formigoni, Mario Mauro e Maurizio Lupi (che comunque ha fatto sapere che lui ha un altro stile di vita).