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Patto per la competitività in Francia

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2011 alle ore 08:35.

Questa volta la Francia sembra davvero preoccupata, se non addirittura spaventata, per il crescente divario di competitività industriale rispetto alla Germania. E ha deciso, almeno a parole, di passare all'azione.

Lo scenario descritto dal rapporto del centro studi Rexecode, consegnato ieri al ministro dell'Industria Eric Besson, è in effetti impietoso e allarmante. Tra il 2000 e il 2010 il rapporto dell'export francese su quello tedesco è passato dal 55 al 40 per cento. La quota delle esportazioni francesi sul totale delle vendite "all'estero" della zona euro è scesa dal 17,7% al 13,5%, mentre quella dei prodotti tedeschi è salita dal 29,6% al 32,2 per cento. Il saldo tra il surplus della bilancia commerciale tedesca e il deficit di quella francese è salito a 200 miliardi: il 10% del Pil, due milioni di posti di lavoro. Una perdita di quote di mercato, in termini assoluti e ancor più significativa in termini relativi nel confronto con la Germania, che riguarda tutti i settori e tutti i mercati di destinazione.

L'euro ha definitivamente spogliato il re, mettendo in crudele evidenza una situazione che vent'anni di svalutazione del franco sul marco - a colpi del 30% ogni decennio - avevano mascherato.
Ci sono ovviamente ragioni storiche e strutturali che spiegano questo andamento, ma anche spiegazioni più concrete e puntuali collocabili temporalmente tra la fine degli anni 90 e l'inizio dello scorso decennio. È da allora infatti che lo scarto è andato continuamente, inesorabilmente amplificandosi.

Cos'è successo in quel periodo? Semplice. Che proprio all'inizio della vita della moneta unica, mentre la Germania varava una serie di misure finalizzate a diminuire i costi di produzione e rendere più flessibile il mercato del lavoro, la Francia faceva la legge sulle 35 ore. Con tre effetti devastanti: maggiori vincoli sull'elasticità delle attività aziendali; eliminazione di uno degli elementi chiave, insieme ai livelli retributivi, dei negoziati a livello di categoria e di impresa; forte freno ai risultati operativi delle società (che, secondo Rexecode, tra il 2000 e il 2008 sono saliti del 67% in Germania e scesi del 15% in Francia).

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Tags Correlati: Eric Besson | Francia | Germania | Imprese |

 

L'impatto sul costo del lavoro è stato drammatico. Nell'industria manifatturiera il costo orario, sempre tra 2000 e 2008, è salito del 28% a fronte di un incremento del 16% in Germania. Se poi viene integrato il differenziale di competitività, il costo unitario è cresciuto del 10% in Francia e sceso del 15% in Germania. Il risultato è che Parigi ha perso l'unico punto di forza che ancora aveva rispetto alla concorrenza tedesca, quello dei prezzi.

Per evitare che la grandeur francese vada a farsi benedire, insieme alle sue imprese, Besson ha sposato l'appello di Rexecode per un Patto di competitività industriale tra stato, imprese e sindacati finalizzato a ridurre del 5% a breve termine e del 10% a medio termine i costi di produzione. Al centro del patto dovrebbero esserci l'abbandono definitivo delle 35 ore e una profonda revisione del sistema contrattuale che metta al centro l'azienda, l'unico livello dove lo scambio lavoro-salario-costi può essere realizzato in maniera efficace e intelligente.

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