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L'Ungheria populista di Viktor Orban spaventa i mercati

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2011 alle ore 08:12.

VIENNA. Dal nostro inviato
Acque agitate a Budapest per una frase. La politica economica del governo ungherese di Viktor Orban è «rischiosa». Il commento sembra asettico, quasi neutro, ma se viene detto dal governatore della banca centrale ungherese Andras Simor, il cui mandato è in scadenza a marzo, le cose cambiano. Rispondendo a una domanda nell'ambito del Central East European Forum di Euromoney svoltosi a Vienna mercoledì scorso il governatore ha dato fuoco alle polveri contro la politica «populista» del governo magiaro.
È noto agli operatori che i rapporti tra il premier di centrodestra Viktor Orban e il governatore Andras Simor - nominato dal vecchio esecutivo socialista - non sono idilliaci e Orban vorrebbe che Simor passasse la mano al più presto. Ma dietro la querelle tra esecutivo e banca centrale c'è il timore che le nuove iniziative spaventino i mercati e gli investitori internazionali.
Come mai? Paranoie di investitori o preoccupazioni reali? Il governo Orban in un paese dove i due terzi delle famiglie hanno mutui in valuta estera ha proposto di riprendere il controllo sulle nomine di quattro dei sette membri del consiglio monetario della banca centrale, in scadenza a febbraio, creando una maggioranza capace di bloccare le decisioni del governatore e dei suoi due vice. Oggi invece due dei nuovi membri del consiglio sono scelti dal governatore all'interno delle stanze ovattate dell'istituto.
Sullo sfondo dei contrasti sull'autonomia della Banca centrale, c'è la volontà del governo di avere mano libera nella politica fiscale. E questo non è un bel segnale.
Una situazione anche politicamente imbarazzante visto che l'Ungheria oggi ricopre l'incarico di presidente di turno dell'Unione europea a cui seguirà a giugno la vicina Polonia. Il governo di centrodestra guidato da Orban è entrato in carica a metà anno e, da allora, sono scintille. Non solo con il governatore della Banca centrale, ma anche con la commissione Ue (per la controversa legge bavaglio contro la libertà di stampa) e con il principale creditore, il Fondo monetario internazionale. Orban, che ha messo in soffitta le precedenti politiche d'austerità seguite dal governo socialista, ha rispedito al mittente le ricette proposte dal fondo, il quale però è capofila di un prestito da 20 miliardi di euro accordato assieme a Banca Mondiale, Ue e Bce, prestito stand-by che ha salvato dal baratro il paese che in quel periodo segnò un -6,3 del Pil.

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Tags Correlati: Andras Simor | Banca Mondiale | Bce | Central East European Forum | Comitato Esecutivo | Europa | Eurostat | Fmi | Governo | Iryna Ivaschenko | Viktor Orban

 

Non solo. In un'intervista al giornale tedesco Bild, il premier magiaro ha detto che l'Ungheria vuole passare dall'80 al 72-73% nel rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo. Un traguardo ambizioso, che però non convince affatto l'Fmi.
«Una riduzione del debito è sempre la benvenuta», ha commentato cauta Iryna Ivaschenko, la responsabile permanente dell'Fmi a Budapest, intervenuta a un dibattito sempre del Forum Euromoney a Vienna. «Quello che però viene richiesto - ha continuato - su un più lungo periodo di tempo, è che la dinamica del debito sia sostenibile e che mantenga una traiettoria di riduzione».
Anche Anne-Marie Gulde, senior adviser dell'Fmi per l'European Department, ha detto sempre a Vienna a margine del medesimo convegno che sebbene l'Europa centro-orientale sia ritornata largamente alla crescita, la regione sta ancora soffrendo per gli aggiustamenti macroeconomici necessari e rimane «vulnerabile».
Gulde è stata particolarmente critica verso il premier ungherese che ha varato misure una tantum sul fronte delle entrate includendo «le imposte sulle banche, sulle compagnie energetiche, di telecomunicazione e sull'agro-alimentare e ha spostato 14 miliardi di euro dai fondi pensione privati alle esigenze del bilancio pubblico». In futuro però bisognerà pagare comunque queste pensioni e il governo di Budapest sta facendo manovre contabili che potranno soddisfare nel breve periodo le esigenze di Eurostat ma che nel lungo rappresentano «prestiti sul futuro del paese».
L'Fmi ha criticato la scelta ungherese di non procedere con tagli strutturali ma d'intervenire sul deficit attraverso tasse una tantum. Senza contare il prelievo di 14 miliardi dai fondi pensione privati, una scelta che ha allarmato pensionati e Borsa.
Budapest, proprio nel momento in cui detiene il semestre di presidenza europea, pare allontanarsi dall'obiettivo dell'ingresso verso l'euro. Il primo ministro magiaro, recentemente, ha previsto che l'Ungheria entrerà nell'Eurozona alla fine di questo decennio, precisando che nell'euro, oggi, è meglio non esserci. Parole che certo avranno spaventato gli investitori internazionali che ora guardano con sospetto alle politiche di Orban. Che rischia di restare solo. Con i suoi guai.
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