Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2011 alle ore 08:08.
«La collettività guarda sgomenta gli attori della scena pubblica, e respira un evidente disagio morale». La frase-chiave è verso la fine, quando il cardinale Angelo Bagnasco affronta il caso che investe il premier e sta monopolizzando la vita pubblica del paese. Il presidente della Cei, nella prolusione al Consiglio permanente riunito in un albergo di Ancona, parla ai trenta vescovi del direttorio, ma sa che tutta Italia lo ascolta.
«La vita di una democrazia si compone di delicati e necessari equilibri, poggia sulla capacità da parte di ciascuno di auto-limitarsi, di mantenersi cioè con sapienza entro i confini invalicabili delle proprie prerogative». La linea della Cei - approvata sabato dal Papa - è quindi di fermezza ma senza esasperare i toni. Parla del dovere della sobrietà. Per questo davanti al "turbamento" provocato dalle notizie sull'inchiesta che coinvolge il premier, occorre «fare chiarezza in modo sollecito e pacato, e nelle sedi appropriate». Anche perché, «chiunque accetta di assumere un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell'onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda». Insoma, il degrado morale alla fine determina «una rappresentazione fasulla dell'esistenza, volta a perseguire un successo basato sull'artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile, l'ostentazione e il mercimonio di sè». Su giornali e tv, «si moltiplicano notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci, veri o presunti, di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza, mentre qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l'ingente mole di strumenti di indagine». Abbastanza chiara una critica anche ai pm, verso i quali si era indirettamente rivolto anche il segretario di Stato, Tarcisio Bertone, quando aveva parlato di legalità. «In tale modo - ha aggiunto Bagnasco - passando da una situazione abnorme all'altra, è l'equilibrio generale che ne risente in maniera progressiva, nonchè l'immagine generale del Paese. Bisogna che il nostro paese superi, in modo rapido e definitivo, la convulsa fase che vede miscelarsi in modo sempre più minaccioso la debolezza etica con la fibrillazione politica e istituzionale, per la quale i poteri non solo si guardano con diffidenza ma si tendono tranelli, in una logica conflittuale che perdura ormai da troppi anni». L'analisi del cardinale parla di «turbamento generale» che può portare a un clima di reciproca delegittimazione. Il rischio, per Bagnasco, è dunque che «taluni sottili veleni si insinuino nelle psicologie come nelle relazioni, e in tal modo si affermino modelli mentali e di comportamento radicalmente faziosi». Quindi l'appello: «È necessario fermarsi - tutti - e in tempo». Un messaggio chiaro nei contenuti e pacato nei toni, che conferma la linea "pastorale" di Bagnasco, che conferma al mondo politico che la Chiesa non vuole essere usata a fini politici, né tantomeno per dare spallate. «Che alla Chiesa stia a cuore il destino della comunità nazionale è un fatto molto importante per tutti gli italiani» ha commentato il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini. «Mi pare evidente che la Chiesa italiana abbia fatto sentire forte la sua voce sul caso Ruby» ha detto la presidente Pd Rosy Bindi. Per il sottosegretario Alfredo Mantovano i nemici del Cavaliere «si aspettavano di più e di più pesante dalla relazione. E invece, come è nello stile della chiesa, se non vi è alcuno sconto, al tempo stesso non si offrono sponde alle strumentalizzazioni di parte».