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Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2011 alle ore 10:40.
È finita la favola australiana di Francesca Schiavone. Ad un passo dalle semifinali di Melbourne, anche la Leonessa si deve arrendere. Non prima di aver lanciato un ultimo ruggito, però, davanti a quel pubblico che ormai l'aveva adottata.
Che l'azzurra oggi non scendesse in campo da favorita, non era un mistero per nessuno. Dalla sua avversaria la separavano dieci anni di età: la più vecchia giocatrice qualificata per i quarti contro la più giovane. Ma, a dividerle, c'erano soprattutto i 64 game e le quasi sei ore di gioco in più totalizzate, nei primi quattro turni del torneo, dall'italiana.
Per oltre undici ore, infatti, Francesca aveva dovuto correre sul cemento (o meglio plexicushion) australiano per arrivare fin qui, mentre alla Wozniacki erano bastate cinque ore e mezza in tutto. Infine, a fare la differenza c'era, ovviamente, l'ombra gigantesca dell'incredibile maratona di appena due giorni prima. Quelle quattro ore e 44 minuti che hanno garantito alla nostra un posto nel Guinness dei primati del tennis, alla voce match femminile più lungo della storia in uno Slam, ma che le hanno anche tagliato le gambe compromettendo la sfida con Caroline.
Aggiungiamo che questa bionda amazzone dal visino angelico e dagli occhi azzurrissimi è, per inciso, anche la prima giocatrice del mondo, per lo meno secondo il computer. Ecco perché alla Schiavone, oggi, non si chiedeva semplicemente di vincere un incontro di tennis ma di compiere un nuovo miracolo. Richiesta che la nostra, neanche a dirlo, ha provato ad esaudire.
Nella nobile ribalta della Rod Laver Arena, la Leonessa infatti non è scesa, appagata dal risultato di domenica, per onorare un contratto o per fare presenza. E le sue bellicose intenzioni le ha annunciate già percorrendo il tunnel degli spogliatoi, con poche parole in puro stile Schiavone.« Le gambe sono ancora attaccate per cui sono pronta a combattere».
Detto fatto. Ancora una volta le capacità di recupero dell'italiana avevano del miracoloso. E se per i primi sei game Francesca rimaneva agganciata al match senza lasciare che l'avversaria prendesse il volo, sul 4/3, dopo ben sei dritti recuperati in difesa, metteva addirittura a segno un break. Non contenta, si portava a casa anche il gioco successivo, chiudendo per 6/3 e strappando alla danese il primo set del torneo. La ricetta era la stessa di sempre: cambi di ritmo continui, variazioni di traiettorie , istinto e il solito coraggio da Leonessa.