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Il ministro Bondi si salva: la Camera respinge la sfiducia con 314 no

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2011 alle ore 16:19.

La Camera salva il ministro Sandro Bondi: con 314 no i deputati respingono infatti la sfiducia contro i 292 sì dell'opposizione. In aula erano presenti 608 parlamentari, di cui 606 votanti (2 astenuti nell'Svp). Ventidue voti di scarto, dunque, tra maggioranza e opposizione: più dei venti che avevano segnato il voto sulla relazione annuale del guardasigilli Angelino Alfano e assolutamente al di sopra della fiducia del 14 dicembre. Quando i sì al governo furono 314 contro 311 no. All'appello per Pd e terzo polo sono mancati quindi ben 19 voti.

La maggioranza esulta: siamo 4 a 0
Per la maggioranza è un susseguirsi di toni trionfanti. Il ministro della Giustiziafa la conta dei voti. «Sfiducia?Siamo 4 a 0. Il risultato mi pare chiaro. Alla faccia della sapienza parlamentare - esclama Alfano - ora andiamo verso i 30. È stato un crescendo, partendo da quella del 29 settembre, poi quella del 14 dicembre, infine quella su di me e poi questa». Mentre la sua collega Mariastella Gelmini parla di «ennesimo suicidio politico dell'opposizione». Che incassa ma va al contrattacco. «Non è grande questione», taglia corto il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini commentando il risultato. Mentre Fli punta l'attenzione sui numeri. «314 erano e 314 sono rimasti», commentano a caldo Fabio Granata e Carmelo Briguglio, con «tanti saluti all'allargamento della maggioranza e all'operazione responsabili».

Sfiorata la rissa tra finiani e leghisti
La proclamazione del risultato è stata accompagnata da un lungo applauso al ministro, ma il voto è stato scandito da continue interruzioni e da momenti di tensione tra i parlamentari. Anche della stessa pattuglia con i finiani Fabio Granata e Nino Lo Presti venuti quasi alle mani. I deputati segretari avevano chiamato Granata a votare che però si stava attardando a rispondere alla chiama. Giampaolo Dozzo lo esorta ad andare a votare. Granata gli risponde male. A un certo punto, però, scoppia un alterco tra lui e Lo Presti, sedato poco dopo. Mentre i due vengono divisi dai commessi, Lo Presti ha un altro alterco con il deputato leghista Stefano Allasia che si prende uno schiaffo. Il vicepresidente Maurizio Lupi ha fatto appello alla calma, ma non ha sospeso la seduta, contrariamente a quanto reclamavano dai banchi del Pd. Con Granata e Lo Presti ancora ai ferri corti: prima di lasciare l'emiciclo, Lo Presti ha gridato al suo compagno di partito e corregionale (sono entrambi siciliani) «ti aspetto all'uscita». In serata, poi, una nota chiarirà l'accaduto: la minaccia di Lo Presti era diretta ad Allasia (con il quale c'è stato poi un chiarimento) e non al compagno di partito.

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Bondi: la cultura? Uccisa dalla sinistra
Durante le dichiarazioni di voto il ministro della Cultura Sandro Bondi aveva attaccato i suoi predecessori. «Il colpo mortale alla cultura», lo ha dato «la sinistra» portando durante i suoi governi «150 milioni di euro in meno alla cultura. Ma voi che avete presentato la mozione di sfiducia siete davvero interessati a discutere di cultura? O le vostre intenzioni sono altre? Probabilmente volete tentare di dare l'ennesima spallata al governo in questa ansia che vi divora da tempo facendovi perdere il senso della politica ma questo cinismo della politica non porta da nessuna parte, è miope, lo ricordo soprattutto ai cattolici del Pd». Quindi il ministro aveva difeso i suoi risultati e si era rivolto all'opposizione chiedendo «di valutarli con obiettività senza animosità politica e di decidere di conseguenza».

Molte defezioni nelle file dell'opposizione
Già nel corso della giornata, comunque, il quadro era apparso favorevole al ministro. Con il Pd che, in mattinata, tramite una nota, aveva fatto sapere che sarebbero stati cinque gli assenti giustificati «per documentate ragioni di salute che rendono impraticabile la loro presenza oggi in aula». Alla fine i forfait saranno quattro: presente, malgrado il febbrone, l'ex ministro Arturo Parisi. Tre gli assenti, invece, dentro l'Udc e quattro le defezioni nelle file di Fli: Giulia Bongiorno e Gianfranco Paglia asssenti giustificati, Giuseppe Consolo e Luca Barbareschi si sfilano invece all'ultimo minuto. Al ministro arriva poi anche l'aiuto dell'Svp dopo alcuni contatti delle ultime ore. «Siamo molto soddisfatti dell'esito delle trattative e per questo ci asteniamo sulla mozione di sfiducia», ha spiegato Siegfried Brugger. Un aiuto al ministro è poi arrivato anche dall'Mpa che si è spaccato sul voto di sfiducia: solo un voto contro il ministro dal capogruppo Carmelo Lo Monte, due disertano la votazione e altri due sono assenti giustificati. Si astiene, poi, contro ogni previsione, anche Paolo Guzzanti, mentre non c'è in aula l'ex diniano Italo Tanoni, colpito da un lutto familiare.

Pieno di presenze per la maggioranza
Nelle file della maggioranza, invece, c'è il pieno o quasi delle presenze visto che tutti i deputati sono stati cooptati, compresi tre dei quattro componenti della delegazione pidiellina impegnata al Consiglio d'Europa (Luigi Vitali, Deborah Bergamini e Giuseppe Galati). Il quarto, Marco Zacchera, impegnato in Sudamerica per una missione parlamentare non era invece in aula, ma è l'unico forfait dell'asse Pdl-Lega. (Ce.Do.)

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