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Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2011 alle ore 09:14.
L'ultima modifica è del 26 gennaio 2011 alle ore 09:24.
«L'attuale sistema valutario internazionale è il prodotto del passato». Così ha detto il presidente cinese Hu Jintao alla vigilia della visita a Washington della scorsa settimana, mettendo in discussione il ruolo del dollaro nel sistema globale. E ha aggiunto: «La politica monetaria degli Stati Uniti ha un grosso impatto sulla liquidità globale e sui flussi di capitale, e pertanto la liquidità del dollaro dev'essere mantenuta a un livello stabile e ragionevole».
Hu ha ragione su entrambi i punti. Nelle sue critiche alle politiche monetarie e di bilancio degli Stati Uniti, e in particolare alla politica di "espansione quantitativa" della Federal Reserve, il presidente cinese segue un sentiero già tracciato.
Negli anni 60, Valéry Giscard d'Estaing, all'epoca ministro delle Finanze del governo francese, si lamentava dell'«esorbitante privilegio» del dollaro. John Connally, segretario al Tesoro nell'amministrazione Nixon, rispondeva definendo il dollaro «la nostra valuta, ma il vostro problema». I francesi, e ora i cinesi, desiderano stabilità nei tassi di cambio, ma vedono come il fumo negli occhi l'inevitabile risultato: un impegno illimitato a comprare tanti dollari quanti gli americani ne stampano. Entrambi vogliono porre dei limiti alle politiche Usa. Entrambi fino a questo momento hanno fallito nell'intento. Dobbiamo aspettarci un esito diverso, questa volta? No.
I cinesi e altri grandi manipolatori del tasso di cambio hanno un modo molto particolare di manifestare la loro sfiducia nei confronti del dollaro. Tra il gennaio del '99, subito dopo la crisi finanziaria asiatica, e l'ottobre del 2010, il totale delle riserve in valuta estera a livello mondiale è cresciuto fino a raggiungere la sbalorditiva cifra di 7.450 miliardi di dollari. La Cina da sola ha aggiunto 2.616 miliardi di dollari al totale. Durante la recente crisi finanziaria, le riserve globali hanno consentito a chi le deteneva di ammortizzare gli effetti negativi, assottigliandosi di soli 473 miliardi di dollari tra il luglio del 2008 e il febbraio del 2009 (6% dello stock iniziale).
Ma poi hanno ricominciato a crescere: tra il febbraio del 2009 e l'ottobre del 2010 sono aumentate di altri 2.004 miliardi. Il dollaro non è l'unica valuta di riserva, ma rimane la più importante. Nel terzo trimestre del 2010 si conosceva l'allocazione solo del 56% delle riserve globali. Di questo 56%, il 61% era in dollari e il 27% in euro. La Cina non rivela la composizione delle sue riserve, ma sicuramente anche lì i biglietti verdi giocano un ruolo preponderante.