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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2011 alle ore 07:45.
A mezzogiorno in punto il procuratore della Repubblica, Edmondo Bruti Liberati, decide che la misura è colma. E dal suo ufficio al quarto piano del palazzo di giustizia, diffonde una nota ufficiale di una pagina: «Ogni attività della magistratura – scrive – e dunque anche quella della Procura della Repubblica di Milano, in un ordinamento democratico è soggetta alla valutazione e alla critica della libera stampa; le campagne di denigrazione e l'attacco personale ai magistrati si qualificano da soli, e in un sistema di civile convivenza devono essere un problema per chi ne è autore e non per chi ne è vittima».
Di cosa parla Bruti Liberati? Nessuna indicazione esplicita nel suo comunicato, ma il riferimento – preciso e diretto – è ad alcuni articoli pubblicati in mattinata da Il Giornale. Sotto il titolo "Amori privati della Boccassini", il quotidiano della famiglia Berlusconi aveva scritto che il pm – oggi procuratore aggiunto e titolare dell'inchiesta sul caso Ruby assieme al procuratore aggiunto Pietro Forno e al sostituto Antonio Sangermano – «finì sotto processo al Csm perché sorpresa in atteggiamenti sconvenienti con un giornalista di sinistra. Si difese invocando la privacy». Una storia vecchia di trent'anni, e che per giunta terminò con l'assoluzione della Boccassini dal procedimento disciplinare. Ma tanto basta a Bruti Liberati per capire che la procura è sotto attacco. Dunque, prosegue il comunicato, «il procuratore della Repubblica esprime pieno sostegno e apprezzamento dei colleghi coassegnatari del procedimento i quali, senza esenzione alcuna dai turni e dall'attività ordinaria, hanno compiuto e stanno compiendo con tempestività e rigore professionale attività d'indagine».
Non basta. Il procuratore si assume la piena responsabilità dell'inchiesta che vede il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, indagato per concussione e favoreggiamento della prostituzione. «In considerazione della delicatezza della vicenda – aggiunge –, il procuratore della Repubblica segue costantemente e compiutamente tutta l'attività di indagine, di cui ha assunto personalmente il coordinamento e conseguentemente piena responsabilità». Nei corridoi del palazzo di giustizia si respira aria pesante. E così Bruti Liberati fa quadrato attorno ai suoi pm, come nel 1991 l'allora procuratore capo Francesco Saverio Borrelli scese in campo in difesa di Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo, i pm del pool Mani pulite.