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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2011 alle ore 18:07.
Si è estesa fino a dieci chilometri da Gaza la protesta anti-governativa in Egitto. Un manifestante di 22 anni è rimasto ucciso nei violenti scontri tra beduini e polizia a Sheikh Zuwayed, nel nord della penisola del Sinai, città prossima alla Striscia. Lo hanno riferito testimoni, spiegando che la vittima è stata raggiunta alla testa da colpi d'arma da fuoco esplosi dai poliziotti. In piazza si sono riversate circa 10mila persone, che hanno bloccato l'autostrada che collega Egitto e Israele. Sale così a sette, cinque manifestanti e due poliziotti, il bilancio delle vittime delle proteste contro il regime del presidente Hosni Mubarak.
La scommessa è che il regime del presidente Hosni Mubarak possa tenere, in un modo o nell'altro. Il timore è invece il salto nel buio verso un ipotetico spettro islamista. Quel che è certo è che Israele guarda a occhi bene aperti, non senza inquietudine, il dilagare dei focolai di protesta popolare dal Maghreb al confinante Egitto, pedina fondamentale del sistema di sicurezza regionale.
La parola d'ordine del governo di Benyamin Netanyahu è profilo basso, nella consapevolezza che ogni commento può essere strumentalizzato. O magari smentito clamorosamente dai fatti. Il punto di vista ufficiale viene tuttavia snocciolato da qualche dichiarazione anonima e dalla voce di autorevoli veterani della diplomazia o della politica.
L'Egitto non è la Tunisia, sintetizza oggi ufficiosamente a nome dell'establishment l'ex ambasciatore israeliano al Cairo Gideon Ben-Ami, che in riva al Nilo è di casa da molti anni. Secondo Ben-Ami, il meccanismo dell'emulazione c'è, ma il contesto è differente: e il sistema di potere di Mubarak sembra avere ancora i mezzi per sfuggire all'epilogo di Tunisi, segnato dalla precipitosa fuga del presidente Ben Alì e dal tracollo repentino del suo clan.
«In Egitto - afferma il diplomatico, ribadendo quasi alla lettera concetti espressi nei giorni scorsi dall'ex ministro laburista Benyamin Ben Eliezer, altra vecchia volpe del dialogo con il Cairo - ci sono forze di sicurezza e servizi d'intelligence che sanno far fronte alla situazione nel caso d'una minaccia alla sopravvivenza (del regime). E hanno già cominciato ad agire di conseguenza».