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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2011 alle ore 06:37.
Dopo le proteste in Algeria, Tunisia ed Egitto, l'onda lunga del risentimento popolare arriva in Yemen.
Circa 16mila yemeniti sono scesi in strada nella capitale Sanaa per chiedere un cambio alla presidenza mentre i poliziotti, armati di manganelli, hanno assistito in silenzio alle manifestazioni che si sono concluse in modo pacifico. Oltre a Sanaa e Taiz, le proteste hanno coinvolto il porto di Aden, nel sud, dove un giovane di 28 anni ha tentato di darsi fuoco e la popolazione è risentita per i mancati investimenti successivi all'unificazione del 1990.
Nel paese delle spose bambine, a innescare la miccia è stata una giornalista che dirige l'associazione "Donne senza catene" e fa capo al partito islamico Islah. Domenica Tawakul Karman è stata arrestata con l'accusa di organizzare le proteste antigovernative, la pressione popolare ha obbligato le autorità a rilasciarla, dopodiché lei ha annunciato che «la prossima rivoluzione dei gelsomini sarà in Yemen». In assenza di un leader, di una classe media e di una società civile forte sarà però difficile che le proteste si trasformino in una rivoluzione.
Che cosa chiedono gli yemeniti? In primis, di mettere fine alla corruzione visto che, come il tunisino Ben Ali, anche il presidente Saleh ha gestito il paese in modo funzionale agli interessi propri e del suo clan. Come rivelato da WikiLeaks, Washington è consapevole della corruzione dell'alleato yemenita. Ma ha fatto finta di niente, consapevole che il pluralismo potrebbe permettere ai radicali islamici di farsi spazio nell'arena politica. Questa scelta si sta però rivelando miope e gli Stati Uniti rischiano di essere percepiti come complici del regime.
In seconda battuta, gli yemeniti chiedono riforme per risollevare l'economia che, con poco petrolio e scarse risorse idriche assorbite per lo più dal qat (le piantagioni contenenti un alcaloide che causa dipendenza ed è largamente consumato), è in una situazione peggiore rispetto al nord Africa: sono asfaltate meno di un decimo delle strade, il tasso di disoccupazione è al 35%, le diseguaglianze sociali sono evidenti, la metà dei 23 milioni di abitanti vive sotto la soglia di povertà (e quindi con meno di 2 dollari al giorno) e un terzo soffre la fame cronica.