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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2011 alle ore 16:34.
Specialità quanto mai snobbata ai nostri giorni, nella storia del tennis il doppio conobbe tempi ben più felici. Di tale formula capace di introdurre i meccanismi del gioco di squadra in uno degli sport individuali per antonomasia, ci si ricorda, ormai, soltanto durante gli incontri di Davis o quando qualche connazionale agguanta un risultato straordinario. Esattamente quello che è accaduto, nella notte italiana, tra le righe della Rod Laver Arena dove Flavia Pennetta e l'argentina Gisela Dulko hanno conquistato il titolo dello Slam australiano strappandolo alla coppia Azarenka-Kirilenko.
Un risultato a suo modo storico se è vero che la brindisina è la prima azzurra a vincere a Melbourne in doppio. E un traguardo raggiunto, per di più, al termine di un match emozionante, nel corso del quale il duo italo-argentino ha dovuto recuperare da 2/6, 1/4 annullando anche una palla dell'1/5. Merito soprattutto di una Dulko ispiratissima e in grado di condurre la forsennata rimonta ma, poiché in doppio si vince e si perde sempre in due, anche di Flavia, brillante soprattutto nella frazione decisiva. Due ore e ventiquattro minuti in tutto per chiudere con il punteggio di 2/6, 7/5, 6/1 e sollevare il prestigioso trofeo dentro il quale, sia detto per inciso, gli organizzatori avevano infilato un assegno da 200mila dollari.
Una volta servito l'antipasto del doppio femminile e la mise en bouche di quello misto, la cucina della Rod Laver Arena era pronta a mettere in tavola il piatto forte. Una portata che però, almeno sulla carta, sembrava vagamente insipida e non proprio all'altezza del menù, privata com'era dell'ingrediente più importante: Rafa Nadal. Con tutto il rispetto per il sostituto iberico del fuoriclasse di Manacor, non pareva il buon Ferrer all'altezza della sfida che gli si parava innanzi. Capace di sopperire alla mancanza di un talento cristallino con una volontà di ferro e una tenacia quasi inesauribile, il piccolo ( si fa per dire) valenciano che pare caricato a molla, non aveva molte chance su questa superficie contro il predestinato Murray.
Tuttavia il britannico (finché vince non è più solo scozzese) avrebbe trovato quanto mai indigesto il boccone che si preparava ad inghiottire lanciato verso la finale. Falloso, teso, oppresso dalla responsabilità di entrare in campo da favorito, Andy si sarebbe trovato a sfiorare le quattro ore per avere ragione del coraggioso Ferrer.