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«In rivolta tutto il paese, persino i beduini»

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2011 alle ore 09:59.

Con un tempismo insperato, la questione della povertà e del mancato rispetto dei diritti umani in Egitto è stata di scena ieri sera al Sundance film festival, la rassegna del cinema indipendente di Park City nello Utah, che si chiude domenica. Ieri infatti è stato proiettato l'attesissimo Life in a day di Ridley Scott, il primo social filmmaking della storia, a cui avevano partecipato oltre 80mila candidati, caricando su YouTube il materiale girato il 24 luglio 2010.
Tra i 26 prescelti per il documentario planetario, montato da Kevin Macdonald, c'è un'unica italiana, ma egiziana di adozione, Cristina Bocchialini, 39 anni, e suo marito Ayman El Gazwy, regista cairota 35enne.

«È una reazione che ci aspettavamo da tanto tempo», spiegano Cristina e Ayman da Park City, commentando le rivolte egiziane. «Soprattutto dopo quanto è successo in Tunisia. Il paese è al collasso, la gente chiede il riconoscimento di diritti sacrosanti come libertà di stampa e di parola, pretende che ci siano elezioni trasparenti e che a Mubarak non succeda suo figlio». Ayman è preoccupato, passa gran parte del giorno connesso, ma Facebook, Twitter e internet sono bloccati e in molte parti del paese sono saltate le linee telefoniche. «Ci sono ragazzi che si sono dati fuoco», spiega Ayman. «Alcuni nostri amici registi, giornalisti, attori sono stati arrestati. In Egitto vige la legge marziale e la gente ha paura anche solo a stare in gruppo». Ma la protesta contro Mubarak non è un appannaggio degli intellettuali. «Si è mobilitato tutto il paese - sottolinea Cristina - anche il sud, perfino i beduini, e i genitori manifestano portandosi dietro i bambini. Non si vedeva una rivolta così dal 1977».

Nel film di Ridley Scott ci sono squarci del Cairo inconsueti per l'occhio del turista: il lancio delle reti di notte sulle scialuppe dei pescatori che abitano l'isola fluviale della capitale; le riprese nella cosiddetta città dei morti, un enorme cimitero con costruzioni risalenti all'età dei Mammalucchi (XIV secolo), dove alcune famiglie poverissime hanno trovato abitazione nelle cripte. L'ultima parte della giornata riprende la vita in una famiglia cristiano-copta, in cui madre e padre sono sordomuti, mentre i tre figli parlano, sentono e conoscono il linguaggio dei segni, facendo così da tramite tra i genitori e il mondo. Ma alla piaga della povertà si aggiunge la paura. Non si può dissentire dal regime, non si è liberi di fare nulla. Gli stessi registi devono chiedere autorizzazioni per fare qualsiasi tipo di ripresa.

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Tags Correlati: Ayman El Gazwy | Cristina Bocchialini | Egitto | Internet | Kareem Amer | Kevin Macdonald | Mubarak | Ridley Scott

 

«Da tempo abbiamo intenzione di girare un documentario su un blogger, Kareem Amer, che ha appena finito di scontare cinque anni di prigione per aver scritto di non essere d'accordo con il governo di Mubarak. Non ci è stato possibile intervistarlo in carcere e chi gli sta vicino ha avuto paura di parlare», racconta Cristina. Entrambi però non sono fiduciosi sull'esito delle proteste, soprattutto Ayman. «Credo che la rivolta non cambierà nulla e verrà repressa nel sangue», conclude amaramente il regista egiziano.

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