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Merkel: la minaccia è il debito

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2011 alle ore 08:11.

DAVOS. Dal nostro inviato
Ecco l'Europa tedesca che ha fatto tutti i suoi compiti. E che ora spiega - ma senza alzare la voce né pensare di dare lezioni ma solo consigliare - cosa dovrebbero fare gli altri europei, meno diligenti. Dall'euro che non si tocca al debito, cioè «la peggiore minaccia alla prosperità europea».
Se il giorno prima Nicolas Sarkozy era stato Guascone, ieri Angela Merkel è stata come una maestra: senza fronzoli retorico ma pacata e implacabile come sono quegli insegnanti che a giugno vogliono portare tutta la classe alla promozione.

C'è solo un breve passo del discorso al World Economic Forum, nel quale il cancelliere tedesco si permette di invitare palesemente gli altri europei a seguire il modello tedesco: «Le misure di risparmio e di crescita non sono in contrasto». Con la pacatezza della buona maestra Merkel spiega come stanno le cose come se raccontasse una parabola: «Sono stata criticata, è stato detto alla Germania che dovrebbe contribuire alla crescita europea. Ma se si consolida, minaccia la crescita. Eppure negli ultimi due anni abbiamo avuto una esperienza molto interessante: abbiamo tagliato le spese e l'anno scorso siamo cresciuti del 3,6%».

«Ma guarda un po'!», direbbero se potessero gli altri europei in malafede, facendo finta di non sapere che è come fa la Germania che si può tagliare e nonostante questo crescere. Per fortuna c'è la moneta comune e dunque alla fine ci penseranno ancora i tedeschi. Ma ecco che Angela Merkel arriva anche ai banchi in fondo alla classe dove si nascondono quelli che credono di farla franca. «Non possiamo avere una moneta comune e contemporaneamente sistemi sociali completamente divergenti». Occorre dunque fra tutti i paesi europei una convergenza sulla stessa età pensionabile, lo stesso sistema educativo e molte altre cose omogenee.

Come sul debito, si terrà conto delle necessità e delle peculiarità di ogni singolo paese. Ma alla fine se è la Germania che paga, è la Germania che fissa le nuove regole. Angela Merkel non lo dice proprio così, ma il senso è questo. Perché i problemi non sono passati, il pericolo è ancora alle porte e qualcuno se ne deve occupare. L'allarme del debito c'è sempre. E inoltre, «attenzione al ritorno del protezionismo. Occorre una guida politica per arrivare a un accordo sul commercio mondiale». Già quest'anno, nel 2011, sarebbe molto meglio. Fosse l'anno prossimo, i pericoli protezionistici potrebbero permanere e crescere.

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Tags Correlati: Angela Merkel | Davos | Europa | George Papandreu | Germania | Microsoft Word | Nicolas Sarkozy | World Economic Forum

 

Per questo serve la politica. Qui Angela Merkel assomiglia al Sarkozy - a parole, non nella mimica - che anche in mezzo alla globalizzazione, ieri rivendicava il primato dello Stato. La politica come valore e come sentinella dell'interesse collettivo.
E come il suo compagno di strada, apparentemente improbabile ma concretamente effettivo, il cancelliere tedesco difende l'euro. «Se l'euro fallisce è l'intera Europa che fallisce. Difenderemo questo euro. Dobbiamo renderlo stabile e durevole». La moneta comune al centro del nostro futuro. Non c'è in questo il volo pindarico di Nicolas Sarkozy, il giorno prima: l'euro non solo come moneta ma come valore identitario del continente. Merkel è stringata all'essenziale ma non meno efficace rispetto al futuro della collettività europea.

Il fantasma di qualche fallimento è sempre presente nell'aria fredda di Davos. E' per interessi concreti e paure nascoste a fatica, che molti al Word Economic Forum vorrebbero sapere dal cancelliere tedesco se, caso mai, ci fossero altri fondi a disposizione per alleggerire debiti ingestibili. Fino ad ora la Germania si è sempre opposta ad altre elargizioni.

E ieri, unica delusione fra le nevi di Davos, Angela Merkel non ha detto niente. Ma la speranza è l'ultima a morire. Non ha detto che continuerà ad opporsi: semplicemente non ha detto niente, dunque potrebbe cambiare idea. Anche George Papandreu con il volto sempre più triste e la sua delegazione greca, ieri sera hanno lasciato Davos con un mezzo sorriso. Nessuno ha mai detto che il World Economic Forum negasse ai suoi ospiti di sognare.

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