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Fratelli Musulmani: «Svolta pacifica»

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 gennaio 2011 alle ore 08:13.

IL CAIRO - L'ufficio centrale dei Fratelli Musulmani sul Nilo, in una palazzina in stile coloniale e delabré, ha l'aria sonnolenta di un salotto egiziano tradizionale, con la televisione accesa, i bicchieri per il tè e una scrivania colma di carte. Non si fuma. Soltanto la fotocopiatrice occupa il posto del ciclostile e dà un tocco contemporaneo a un movimento che venne fondato al Cairo da Hassan al Banna nel 1928 quando in Egitto si stava propagando, a gran velocità, la secolarizzazione dello stato.

Ma è in stanze come queste della media borghesia musulmana di Ismailia, sul canale di Suez, che sono nati i metodi di organizzazione e il modello ideologico di tutti i movimenti islamici del ventesimo secolo e oltre. Perseguitati dal campione del nazionalismo Nasser - che nel 1966 fece impiccare l'ideologo Seyed Qutb - sopravvissuti a Sadat, che prima se ne servì contro la sinistra e poi restò ucciso da ufficiali integralisti, i Fratelli Musulmani sono ritornati a rivestire un ruolo di primo piano con Mubarak e il prepotente ritorno dell'Islam nella società egiziana.

Dopo aver subìto negli anni 80 e 90 la concorrenza dei gruppi della Jihad più estremisti, oggi gli Ikhwan, i Fratelli, rappresentano l'opposizione più organizzata al regime egiziano: alle elezioni del 2005 si aggiudicarono un quinto dei seggi ma nessuno nel novembre 2010 quando Mubarak decise, con brogli colossali, di farli fuori dal parlamento.

Queste stanze polverose sul Nilo oggi, dopo il venerdì della collera, sono ancora più vuote. «Hanno arrestato dieci dei nostri capi». «Essam el Erian è ancora dentro, insieme a un altro centinaio di militanti». I Fratelli sono sempre stati, ufficialmente, un movimento fuorilegge secondo l'editto del 1954 di Nasser: quindi in ogni momento sono a rischio di arresto. Questo non ha impedito alla fratellanza di tenere a braccetto il potere: Sadat nel 1977 ne chiese addirittura l'intervento per tenere a bada gli islamici più estremisti. Non solo, i Fratelli furono tra i maggiori sostenitori per la conferma del secondo mandato presidenziale di Mubarak nell'87.

Che stato vogliono i Fratelli Musulmani? Un governo islamico che fa tremare l'occidente e i regimi laici? «Se sfoglia il nostro programma - dice il portavoce Walid Shalabi - si accorgerà che le nostre rivendicazioni sono strettamente politiche, legate alle riforme legislative e all'applicazione delle regole democratiche». Soltanto nella seconda parte si affronta l'applicazione della legge islamica ma specificando «in accordo con le disposizioni costituzionali» che peraltro dicono che la sharia è una fonte primaria della costituzione.

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Tags Correlati: Egitto | Forze Armate | Ikhwan | Misure di sicurezza | Mubarak | Nilo | Sadat | Seyed Qutb | Walid Shalabi

 

I Fratelli, maestri di tattica, tengono moltissimo a dare di loro un'immagine moderata, anche ora che da tempo è in corso la rottura con il presidente-Faraone. È sorprendente ma anche in questi giorni di fuoco, con i morti nelle strade evitano accuratamente di dire: «Vogliamo cacciare Mubarak».

Ieri hanno lanciato un appello per una transizione pacifica del potere. «Il nostro obiettivo è cambiare i metodi, non le persone, che vengano rispettati i principi di libertà, di associazione e di espressione» dice Walid Shalabi. «In primo luogo devono essere abolite tutte le leggi di emergenza, quindi occorre sciogliere il parlamento e procedere a nuove elezioni regolari poiché le ultime sono state totalmente falsificate. Chiediamo anche il rilascio di tutti i prigionieri politici».

Ma questo non basta per cambiare il volto del regime. «Certo, è indispensabile una revisione della costituzione che in questi decenni è stata modificata e corretta a uso e consumo di Mubarak, a partire dalla rielezione del presidente, limitando la carica a un solo mandato. Poi ci sono tutte le leggi che riguardano la stampa, i mass media, la magistratura, l'abolizione dei tribunali speciali militari dove sono giudicati anche i civili: non mi sembra questo sia un programma estremista. È quello che chiedono tutti in Egitto ma anche fuori, in Occidente».

Potrà cambiare qualche cosa il discorso di Mubarak e l'annuncio di un nuovo governo? «Soltanto se ci saranno ancora le riforme». «Noi - aggiunge Walid - condanniamo ogni violenza, le dimostrazioni alle quali abbiamo partecipato erano pacifiche, sono stati gli attacchi della polizia a provocare le reazioni dei giovani. Adesso nelle strade c'è l'esercito ben accolto dalla popolazione: mi auguro che questo intervento calmi la situazione anche se non credo che ci sarà in questa crisi un ruolo strettamente politico delle forze armate».

I Fratelli Musulmani non fanno programmi bellicosi: gestiscono scuole, ospedali, organizzazioni di mutua assistenza e vivono all'ombra delle moschee. Questa penetrazione nel sociale è stata la loro vera scalata al potere che nessuno, da Sadat a Mubarak, è riuscito ancora a frenare.

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