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Questo articolo è stato pubblicato il 01 febbraio 2011 alle ore 08:12.
Un appello al buonsenso. È quello che il finiano Mario Baldassarri rivolge alla maggioranza in vista del voto sul federalismo. Rilanciando al tempo stesso la sua ricetta per la crescita che ha depositato sotto forma di emendamento al milleproroghe: taglio verticale agli acquisti per beni e servizi della Pa e ai fondi perduti con cui recuperare le risorse per finanziare quoziente familiare, taglio dell'Irap alle Pmi, investimenti in ricerca e sviluppo e una cedolare secca veramente coperta.
A caldo ha già detto che la nuova bozza Calderoli non le piace. A freddo lo conferma?
Assolutamente sì. La proposta del governo poggia su una compartecipazione alla cedolare secca che è scoperta e non ha la deduzione per gli inquilini. Il secondo pilastro è una compartecipazione del 2% all'Irpef che è un'imposta sperequata sul territorio. Il terzo è l'Imu solo sulla seconda casa e sulle imprese. Il combinato disposto di queste tre misure fa sì che i comuni non abbiano entrate proprie e dipendano ancora di più dallo stato attraverso il fondo perequativo. Il secondo effetto è che i cittadini perderanno il controllo diretto tra tasse che pagano e servizi che ricevono. Tutto questo non è federalismo municipale ma un accentramento statalista delle risorse.
Il terzo polo cosa chiede?
Sul tavolo della commissione ci sono i miei emendamenti che sono stati fatti propri anche dal Pd: dare ai comuni tutta la cedolare secca con un'ampia deduzione per gli inquilini, accompagnata da cospicui tagli di spesa che permetta di coprirla almeno il primo anno. E poi una compartecipazione all'Iva anziché all'Irpef perché i consumi sono meno sperequati dei redditi.
Ma l'Iva a livello comunale non è nota.
Chi lo pensa, dice una gigantesca fesseria perché ci garantiscono che tra due anni avremo i gettiti comune per comune. Nella fase transitoria si potrebbero usare i dati provinciali corretti o con il dato degli abitanti o con le dichiarazioni dei redditi. E c'è poi un terzo pilastro.
Quale?
Che l'Imu si paghi anche sulla prima casa rendendola però interamente detraibile dall'Irpef. Così il cittadino continua ad avere Ici zero sulla prima casa e lo stato rinuncia a un pezzo del suo gettito e lo gira ai comuni. Con questi tre pilastri è evidente che i comuni avrebbero più risorse proprie e sarebbero meno dipendenti dai trasferimenti statali. Allora sì che avremmo fatto il federalismo municipale.