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Tre marocchini arrestati in Calabria, ecco come si addestrano i cecchini (video)

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Questo articolo è stato pubblicato il 31 gennaio 2011 alle ore 10:24.

Tre extracomunitari di origine marocchina, appartenenti alle comunità islamiche calabresi sono stati arrestati nel corso di un operazione antiterrorismo coordinata dalla Procura della Repubblica di Catanzaro e condotta dalla questura locale e dalla Polizia postale di Roma. I tre sono accusati di addestramento ad attività di terrorismo internazionale.

Due degli arrestati sono l'imam della comunità marocchina di Sellia Marina (un paese sulla costa ionica tra Catanzaro e Crotone) ed il figlio, mentre il terzo è un marocchino della comunità di Lamezia Terme. La Polizia ha effettuato anche 9 perquisizioni personali e domiciliari sempre a carico di extracomunitari marocchini.

La rete internet
Nel corso delle indagini è emerso che i tre arrestati utilizzavano la rete internet per procacciarsi e diffondere documenti multimediali, inerenti attività di addestramento all'uso di armi ed esplosivi e di software utilizzabili per il sabotaggio dei sistemi informatici. I dettagli dell'operazione sono stati diffusi nel corso di unaconferenza stampa nella questura di Catanzaro cui hanno partecipato il procuratore della Repubblica, Vincenzo Antonio Lombardo, il questore Vincenzo Roca, e gli investigatori che hanno condotto le indagini.

Gli arrestati
Gli arrestati sono M'Hamed Garouan, imam della moschea di Sellia Marina (Cz), di 57 anni; il figlio Brahim Garouan, 25, entrambi residenti a Sellia Marina; e Younes Dahhaky, 28, residente a Lamezia Terme (Cz). L'operazione è stata definita in codice «Hanein» (Nostalgia, dal nome di un sito islamista). L'accusa nei loro confronti è di addestramento alle azioni violente con finalità di terrorismo; radicalizzazione e proselitismo nei confronti di appartenenti alle comunità islamiche. Reati introdotti di recente nel codice penale, sull'onda dell'emergenza attentati registrata a livello internazionale.

Una quarta persona, Badreddin Chahir, di 21 anni, pure marocchino, è stato arrestato durante le perquisizioni perchè trovato in possesso di droga nel corso di un controllo a carico del padre, coinvolto nell'inchiesta.

Palestra di terrorismo virtuale
Video inneggianti alla «Jihad», la guerra santa islamica; manuali filmati per il confezionamento di armi, come le micidiali cinture esplosive usate dai kamikaze musulmani in Medio Oriente; istruzioni su come un cecchino possa colpire un soldato o come un commando possa fare esplodere un convoglio militare. Era una vera e propria «palestra di terrorismo virtuale», come l'ha definita il procuratore Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo.

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Tags Correlati: Al Qaeda | Badreddin Chahir | Brahim Garouan | Calabria | Giuseppe Borrelli | M'hamed Garouan | Maurizio Gasparri | Osama Bin Laden | PDL | Procura della Repubblica | Reati | Vincenzo Antonio Lombardo | Vincenzo Roca

 

La moschea di Sellia Marina
Al centro dell'inchiesta c'è la moschea di Sellia Marina, dove l'Imam M'hamed Garouan pronunciava i suoi sermoni violenti, inneggianti al martirio ed ai principi dell'Islam più radicale. Poi, grazie all'abilità informatica del figlio, Brahim, di 25 anni, le predicazioni estremiste finivano su internet, accompagnate da scene di attentati compiuti in medio Oriente o di vere e proprie esecuzioni capitali. Gli inquirenti hanno intercettato, osservato, sorvegliato i luoghi frequentati dall'imam e dal suo entourage. Ben 300 sono i Cd sequestrati a Garouan ed ai suoi complici, inneggianti ad Al Quaeda ed a personaggi cardine del terrorismo musulmano, come Osama Bin Laden.

Non sono state trovate armi
Durante le indagini, durate due anni, non sono stati trovati armi nè progetti riguardanti obiettivi da colpire sul territorio nazionale. Tuttavia, come ha spiegato il questore di Catanzaro, Vincenzo Roca, «nel momento in cui si passa dalla semina dell'odio alle istruzioni specifiche per un attentato, si passa all'azione concreta. L'addestramento al terrorismo è un reato contestabile non solo a chi addestra, ma anche a chi si sottopone a tale addestramento».

Gli inquirenti hanno dovuto muoversi con estrema cautela. Il procuratore aggiunto di Catanzaro, Giuseppe Borrelli, ha infatti parlato del «rischio di perseguire la libera espressione del pensiero o convincimenti religiosi, principi tutelati dalla Costituzione». Sono stati perseguiti «atteggiamenti che esulano dal diritto e sanzionate attività che avrebbero potuto concretizzarsi nel proselitismo in attività terroristiche come il compimento di attentati suicidi. On line venivano diffuse istruzioni precise su come compiere queste azioni».

Guerra santa elettronica
Fra le istruzioni divulgate, anche i sistemi informatici capaci di scatenare una «guerra santa elettronica», attraverso software capace di attaccare i sistemi telematici dei paesi industrializzati. Nel mirino del gruppo terroristico non c'erano solo gli eserciti occidentali presenti in medio oriente, ma anche esponenti dello stesso Islam identificati come «moderati»

Recensire tutte le moschee
«L'inchiesta di Catanzaro dimostra la necessità di conoscere e censire tutte le moschee, grandi e piccole, ufficiali e clandestine, operanti sul territorio italiano, per verificarne la legalità dell'operato». Così il presidente dei senatori del PdL, Maurizio Gasparri, ha rilanciato la necessità di un censimento perchè «non possiamo permetterci un'altra Sellia Marina», una moschea «apparentemente minore che dimostra come il rischio può nascondersi dappertutto, anche per gli stessi moderati islamici e deve essere interesse di tutti fare chiarezza. Quante altre moschee «fai da te» come quella calabrese esistono nel nostro Paese?»

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