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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2011 alle ore 08:00.
Finisce nel mirino della Procura di Roma la pubblicazione da parte de Il Giornale di un vecchio procedimento disciplinare del Csm, risalente agli anni 80 e poi archiviato, sull'ex pm di Milano Ilda Boccassini, oggi procuratore aggiunto. Ieri Matteo Brigandì, membro laico della Lega al Consiglio superiore della magistratura, è stato iscritto nel registro degli indagati per l'ipotesi di reato di abuso d'ufficio per aver passato al quotidiano le carte riservate relative al magistrato milanese. I carabinieri hanno anche apposto i sigilli al suo ufficio al Csm. Il consigliere rischia ora di essere sospeso dalla carica. In una nota il comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli si è riservato di adottare «ogni eventuale ulteriore provvedimento di sua competenza» in base agli sviluppi dell'inchiesta.
L'indagine, affidata al procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e al pm Silvia Sereni, è partita proprio da una denuncia della segreteria generale del Csm in cui si chiedeva di fare luce sulla fuga di notizie. Secondo l'accusa Brigandì avrebbe insistito per avere dai funzionari del Csm l'incartamento relativo a Boccassini per poi passarlo al quotidiano diretto da Alessandro Sallusti. «Non ne so nulla, e quindi non ho niente da dire» si è limitato a commentare il consigliere della Lega. Che nei giorni scorsi aveva smentito di essere stato l'artefice della fuga di notizie.
Nell'ambito della medesima indagine, i magistrati hanno anche ordinato una serie di perquisizioni nella redazione romana del Giornale e nell'abitazione della giornalista Anna Maria Greco, autrice dell'articolo dal titolo «La doppia morale di Boccassini» in cui si ricordava come nel 1982 il magistrato, ora titolare dell'inchiesta sul caso Ruby, fu «sorpreso in atteggiamenti amorosi» con un giornalista di Lotta continua a due passi dal Palazzo di Giustizia. «Davanti al Csm - riferiva l'articolo – si difese come paladina della privacy. E fu assolta. Ora fruga nelle feste di Arcore». La redazione del quotidiano milanese ha reagito alla perquisizione parlando di «un nuovo tentativo di mettere il bavaglio alla libertà di informazione». Caustico Sallusti: «Per l'ennesima volta la casta dei magistrati ha mostrato il suo volto violento e illiberale». Sulla stessa linea il capogruppo alla Camera del Pdl, Fabrizio Cicchitto, per il quale l'iniziativa dei pm è «del tutto inaccettabile e gravissima». (D. Lu.)