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Internet motore della rivolta, forze armate ago della bilancia

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 febbraio 2011 alle ore 06:36.

Accanto al Nobel ElBaradei, emerso come leader dell'opposizione, il panorama politico-istituzionale egiziano vede fronteggiarsi diversi attori, a cominciare dalla squadra del presidente.
Mubarak e i fedelissimi
Il presidente, 82 anni, al potere dal 1981, si è affidato al generale e capo dei servizi Omar Suleiman, nominato vicepresidente, per compattare gli apparati di sicurezza. Un altro fedelissimo, il generale Ahmed Shafik, è il nuovo premier. La decisione fondamentale finora è stata affidare la sicurezza all'esercito, comandato da Sami Enan, che ha sostituito la polizia, ormai troppo impopolare.
Partito nazionale democratico
Il braccio politico del potere di Mubarak, con la stragrande maggioranza dei seggi in Parlamento assegnati con i brogli di novembre, sembra essersi dissolto. La sede del partito al Cairo è stata incendiata dai manifestanti e si è dimesso anche il segretario generale Ezz, un quarantenne grande amico di Gamal, figlio del presidente, sparito dalla scena quando gli hanno incendiato le fabbriche. La direzione del Pnd è il simbolo del fallimento delle giovani élite filo-Mubarak, brillanti affaristi ma incapaci di avere il polso della situazione del paese.
Forze armate
Sono il vero ago della bilancia: contano 350mila effettivi e 60mila uomini della Guardia nazionale. Per rimanere in sella Mubarak deve avere i militari dalla sua parte. Sono considerati l'attore principale anche dall'opposizione che vuole trattare direttamente con l'esercito l'uscita del presidente. I vertici militari sono legati a filo doppio agli Usa da cui ricevono un contributo annuale di 1,3 miliardi di dollari, secondo soltanto a quello versato a Israele. Sul piano interno sono ritenuti popolari e generalmente ostili a concessioni ai fondamentalisti. Tutti i presidenti degli ultimi 50 anni appartenevano ai ranghi militari che qualche tempo fa hanno messo il veto alla candidatura di Gamal alla successione.
Fratelli musulmani
Sono il gruppo dell'opposizione più organizzato: l'ideologia è quella islamica ereditata dal movimento fondato nel 1928. Sono ufficialmente fuorilegge dal 1954. Dopo aver subito la concorrenza dei gruppi più radicali e legati alla Jihad, si sono riorganizzati e in alcune fasi hanno anche collaborato con il governo di Mubarak fino a occupare nel 2005 88 seggi. La loro penetrazione è diventata rilevante dal punto di vista sociale con il controllo di scuole, sindacati, ospedali. Hanno due anime: una più radicale, simboleggiata dal leader Mohammed Badia, l'altra più moderata. Rimasti dietro le quinte all'inizio della rivolta ora sono tornati in primo piano mettendosi d'accordo con l'opposizione laica. L'atteggiamento è pragmatico: non dicono di volere il potere consapevoli delle resistenze interne e della diffidenza internazionale. Il loro seguito è stimato intorno al 20 per cento.

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Tags Correlati: Ahmed Shafik | Ayman Nour | Forze Armate | George Ishaq | Internet | Kifaya | Mohammed Badia | Mubarak | Omar Suleiman | Pnd | Sami Enan

 

Kifaya
Il movimento della società civile nato nel 2005 è un cartello laico dove sono confluiti personaggi delle più diverse provenienze politiche, culturali e religiose. Il segretario è stato a lungo George Ishaq, un rivoluzionario con i capelli candidi che si è proposto di superare la «cultura della paura». Kifaya è un'organizzazione ombrello che poi ha fatto proseliti anche tra i giovani. Rappresenta la mobilitazione della società civile che si è trascinata anche partiti come el Ghad (Domani), guidato da una personalità come Ayman Nour, imprigionato nel 2004.
Facebook-Movimento 6 aprile
Il movimento nasce il 23 marzo 2008 quando due giovani decidono di formare su Facebook un gruppo di sostegno a uno sciopero che si sarebbe svolto il 6 aprile. È il grande fenomeno dell'opposizione che si è mobilitata sul web, con YouTube, Twitter, Facebook, composta all'inizio soprattutto da giovani senza radici ideologiche. Questo è stato uno dei grandi motori della rivolta. Oscurata internet, è rimasta la rete: «Puoi spegnere il web ma la rabbia della rivolta rimane», mi ha detto un giovane in piazza.
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