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L'esercito: proteste legittime

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 febbraio 2011 alle ore 06:36.


IL CAIRO. Dal nostro inviato
Sono le forze armate che decideranno la sorte di Mubarak. Alle venti e trenta di ieri alla tv di Stato un generale, con alle spalle la bandiera nazionale, ha letto un comunicato rivolto «al grande popolo egiziano» con due punti fondamentali: il primo è che le richieste della popolazione sono «legittime e legali», il secondo che l'esercito non punterà mai le armi sulla gente. In piazza Tahrir, la piazza della Libertà, l'annuncio è stato accolto con un urlo e gli altoparlanti, piazzati a dieci metri dai carri armati, hanno iniziato a diffondere musica a tutto volume, poi interrotta da un ritorno agli slogan e alle preghiere dei Fratelli musulmani.
Aggrappato al potere con i suoi fedelissimi, per il presidente potrebbe essere un colpo fatale: le forze armate sono il cuore decisionale e dai ranghi degli ufficiali sono stati espressi tutti e tre i presidenti degli ultimi cinquant'anni: dal colpo di stato del colonnello Nasser nel '52 a Sadat e Mubarak.
L'esercito finora ha distribuito alla popolazione più pane che pallottole. Anche per questo, alla vigilia di un grande sciopero e di manifestazioni annunciate oggi come oceaniche, è ancora benvoluto dalla stragrande maggioranza. Vedremo se alla fine di una giornata carica di attese e tensioni sarà ancora così. Nel quartiere di Giza ci sono lunghe ma ordinate file per il pane: è l'esercito che gestisce direttamente nell'area del Cairo sei grandi panifici e poi la vendita al pubblico in tutta questa metropoli di 15 milioni di abitanti.
«Tutto è cominciato nel 2008, dopo la rivolta per l'aumento dei prezzi», spiega il giornalista Aymal del quotidiano indipendente Egitto Oggi. «Allora la farina veniva acquistata dai grandi commercianti privati che poi la rivendevano con ricarichi spaventosi ai piccoli panifici: a prezzo calmierato la pagnotta costava 5 piastre ma era introvabile e sul mercato si doveva acquistarla a 50».
Fu così che il governo di Mubarak, per frenare speculazione e corruzione dilagante, dovette ricorrere alle forze armate. Oggi nei panifici gestiti dai militari si acquistano 20 pezzi di pane a 20 centesimi di dollaro, un quinto rispetto al libero mercato. Poco prima che esplodesse la rivolta del 2008, che diede il via una serie di scioperi mai visti nella storia di questo paese, tutti applaudivano le riforme del governo e la lungimirante politica di liberalizzazione voluta da Gamal, l'erede designato. I rapporti del Fondo monetario parlavano di un'economia fiorente e Gamal al convegno di Davos era indicato come un brillante esempio per le giovani classi dirigenti del mondo arabo.

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Tags Correlati: Adly | Ahmed Shafik | Comitato Esecutivo | Forze Armate | Kifaya | Mubarak | Omar Suleiman | Rashad Bayoumi | Scioperi

 

Le previsioni, politiche ed economiche, in Egitto sono friabili come la sabbia che soffia alle spalle del Delta. L'opposizione ha costituito un fronte comune, che va dai partiti laici ai movimenti della società civile fino ai Fratelli musulmani, e si è data un portavoce-negoziatore che è Mohamed ElBaradei. Cosa spera? Di dare una spallata al regime che ha reagito schierando le forze armate con l'obiettivo di contenere le manifestazioni. Il governo varato sabato dal generale Ahmed Shafik ha anche un nuovo ministro degli Interni, un altro ex generale responsabile delle politiche penitenziarie, per sostituire Adly, un capro espiatorio per le uccisioni e le scorribande della polizia in una settimana di sanguinose manifestazioni con 130 morti e cinquemila feriti.
Mubarak ha anche dato mandato al premier di trovare un canale per negoziare con l'opposizione. Ecco che cosa risponde Rashad Bayoumi, numero due dei Fratelli musulmani, un barbuto signore sovrappeso, professore d'università, in giacca e cravatta, che abbiamo incontrato nella sede dei fondamentalisti islamici: «Il comitato dell'opposizione che ha nominato Mohamed ElBaradei come suo negoziatore non intende trattare con questo governo e neppure con il vicepresidente Omar Suleiman (che avrebbe ricevuto l'incarico di aprire il dialogo, ndr) ma soltanto con le forze armate per varare un esecutivo di transizione e arrivare a nuove elezioni». Questa posizione è condivisa da un ampio fronte che comprende i partiti laici, il movimento Kifaya e quello del Sei Aprile, espressione della mobilitazione della società civile e dei giovani.
Per contrastare le manifestazioni - l'opposizione parla di un milione di persone - che potrebbero tentare anche una marcia sul palazzo presidenziale di Heliopolis, il governo dei generalissimi ha bloccato la circolazione dei treni, mantiene l'oscuramento di internet, cui in serata ha aggiunto lo spegnimento di tutte le reti di telefonia cellulare; e ha chiesto all'esercito di formare posti di blocco con barriere di cemento e cavalli di frisia. L'interrogativo adesso è questo: quanto sarà lungo l'addio di Mubarak?
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