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Mubarak: «Non mi ricandiderò»

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2011 alle ore 06:36.


IL CAIRO. Dal nostro inviato
È la cronaca di una giornata che entrerà nella storia, dicono al Cairo, come questa notte lunga e carica di aspettative sotto un cielo lattiginoso e senza stelle. Un attesa che si spezza quando Hosni Mubarak annuncia che non si ricandiderà, per la sesta volta, alle elezioni presidenziali di settembre, una decisione richiesta (forse tardivamente) anche da Barack Obama. Ieri il presidente americano ha parlato per mezz'ora al telefono con Mubarak e successivamente in diretta tv dalla Casa Bianca ha sottolineato la necessità che «la transizione, democratica e pacifica, abbia inizio subito».
Ma nella notte la piazza del Cairo si divide tra chi esulta per la promessa di riforme costituzionali e di un governo di transizione e chi invece inveisce e vorrebbe che Mubarak se ne andasse subito. Mentre il rais ribadisce: morirò in questa terra.
Tutto inizia all'alba, con un «Allah u Akbar», Dio è grande, che annuncia la chiamata a raccolta di un intero popolo. Così come era avvenuto nel giugno 2009 ad Azadi Square, a Teheran, un'altra piazza intitolata alla Libertà come questa di Midan Tahrir del Cairo. Qualche milione di iraniani allora ci provò a farsi restituire il voto rubato da Ahmadinejad. Finì in tragedia e con una repressione che continua ancora oggi.
La piazza che ho davanti, con un milione di persone che sommergono la capitale e i viali intorno al Nilo, ha buone probabilità di farcela a mandare via Mubarak. Soprattutto perché non trova sulla sua strada come in Iran i fucili dei pasdaran e i manganelli delle milizie dei basiji ma un esercito disponibile a schierarsi con il popolo.
È vero che questa fiumana in piena che attraversa impetuosa per ore il ponte dei Leoni la sua battaglia l'ha già combattuta e vinta, a caro prezzo, contro la polizia e i saccheggiatori: 300 morti in tutto il paese, secondo l'Onu, migliaia e migliaia di feriti. Mubarak è stato un autocrate liberticida, non un dittatore sanguinario come Saddam in Iraq, anche se ci ha provato a stendere al tappeto l'Egitto scatenando bande di agenti in borghese e poi riportando il paese all'età del ferro: ha bloccato i treni, internet e ha chiesto ai generali, con i posti di blocco e il filo spinato, di non rendere troppo umiliante questo plebiscito contro di lui. Ha organizzato, da scenografo frettoloso, anche una contro-manifestazione di duemila sostenitori davanti al ministero degli Esteri che, ripresi in campo stretto per farli sembrare di più, ha dilagato nei palinsesti della tv di stato: su piazza Tahrir ufficialmente non è stata sprecata neppure una parola,. Se i militari vogliono tenere fede alle loro dichiarazioni, cioè che le richieste popolari sono legittime, devono risollevare subito una nazione che rischia di precipitare sul fondo: l'opposizione ha annunciato uno sciopero a oltranza fino a quando Mubarak se ne andrà.

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Tags Correlati: Ahmed Zewail | AIEA | Azhar Al | Barack Obama | Ben Ali | Dio | Egitto | Elezioni | Hosni Mubarak | Iran | Iraq | Ministero degli affari Esteri | Omar Suleiman | Onu | Rashad Bayoumi | Stati Uniti d'America

 

Il leader del comitato che riunisce i laici e i Fratelli Musulmani, Mohamed ElBaradei, ha detto che il dialogo tra governo e opposizione potrà cominciare «solo dopo che saranno accolte le richieste del popolo e la prima di queste è che Mubarak se ne vada», aggiungendo che la trattativa potrebbe comprendere anche lo scioglimento del Parlamento e le forme di potere transitorio.
Ma sarà davvero ElBaradei a guidare il negoziato - si presume con i generali - e poi a rivestire una carica importante? Sul fronte laico si stanno facendo avanti nuove candidature. Una di queste è quella di Amr Moussa, 74 anni, segretario generale della Lega Araba che segue la rivolta dal suo ufficio in piazza Tahrir: «Sono disponibile a impegnarmi per una transizione pacifica», ha dichiarato. Ottimo diplomatico, con una buona popolarità, Moussa è stato tra i primi a capire che "l'effetto Tunisia" poteva diventare contagioso. Insieme a lui si fa il nome di Ahmed Zewail, 65 anni, vincitore del Nobel per la chimica nel '99, di rientro dall'America: è considerato una delle personalità più eminenti.
La mobilitazione contro Mubarak sta rimettendo in moto le energie politiche e intellettuali di un paese narcotizzato da decenni, anche per questo è difficile interpretare la situazione. Si potrà discutere sulle cifre esatte ma in Egitto non era mai accaduto di vedere un'adunata come questa "marcia del milione", neppure ai tempi del colpo di stato che nel 1952 abbattè la monarchia del re travicello Farouk. «Siamo un popolo mite ma abbiamo sopportato troppo: è ora che l'Egitto inizi una vita democratica, non vogliamo condanne a morte come in Iraq o vendette», dice una coppia di professori del liceo che fotografa una piazza calda, euforica ma dove non c'è mai stato un segno di tensione. Non si sono visti slogan truculenti e la gente ha sfilato ordinata, senza eccessi: una piazza stracolma ed educata, dove si pregava, si scandivano slogan - ma si raccoglievano anche le bottiglie di plastica - è stata la spallata morale peggiore che potesse arrivare alla sagoma mummificata di Mubarak.
Via a ogni costo, persino contro ogni convinzione radicata. L'esaltazione è tale che uno sceicco di Al Azhar che guida i predicatori in turbante bianco e cappuccio rosso arriva a dire: «Posso anche accettare come presidente temporaneo Omar Suleiman (il vice di Mubarak, ndr) per una soluzione che si porti via il presidente», una dichiarazione inaspettata per un fondamentalista. Meno conciliante è Rashad Bayoumi, numero due dei Fratelli musulmani: lo vedo entrare accolto da un boato. Dopo essere rimasti dietro le quinte, ora i Fratelli sono in prima linea, sono loro a fare il servizio d'ordine appena un passo dietro ai militari, a portare bevande e datteri deliziosi. Non hanno più cautele: «Mubarak se ne deve andare - grida Bayoumi che sopravvive all'abbraccio grazie ai suoi 130 chili - e con lui anche il suo entourage». Bisogna vedere cosa ne pensano i militari, da oltre mezzo secolo i grandi elettori del rais che forse non possono liquidare in stile Ben Ali l'ex generale Mubarak.
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TRE NOMI PER LA SUCCESSIONE
Tra ElBaradei e Moussa spunta l'altro Nobel Zewail

Mohamed ElBaradei
Il 68enne premio Nobel per la pace è tornato in Egitto in questi giorni per sostenere la protesta contro Mubarak. Studi a New York, una brillante carriera diplomatica alle spalle, El Baradei (nella foto sotto), ex direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, già l'anno scorso era stato indicato come possibile sfidante del rais alle presidenziali di settembre, ma nei mesi scorsi aveva dichiarato che si sarebbe candidato solo se la Costituzione fosse stata emendata. Con l'inizio della rivolta ha anticipato il rientro in patria dopo una lunga permanenza all'estero che gli viene rimproverata. Forse per questo alcuni dubitano che possa essere l'uomo forte del nuovo Egitto
Amr Moussa
L'attuale segretario della Lega araba, 74 anni, è stato un popolare ministro degli Esteri nel governo Mubarak dal 1991 al 2001. Con il passaggio alla Lega araba - secondo alcuni motivata dal desiderio di Mubarak di allontanarlo - l'immagine di Moussa (nella foto sopra) si è appannata, ma viene spesso citato come una figura che godrebbe del sostegno popolare come presidente.
Ahmed Zewail
Personalità di altissimo rilievo scientifico, Ahmed Zewail (nella foto sotto), 65 anni il 26 febbraio, Premio Nobel per la Chimica nel 1999, è stato indicato ieri per la prima volta dall'inizio della protesta popolare egiziana come possibile uomo chiave dei prossimi sviluppi politici del paese. Era atteso al Cairo per oggi, ma il suo aereo sarebbe stato dirottato a Dubai, ufficialmente a causa del maltempo.Il quotidiano Al-Shouruk ha pubblicato una sua «lettera al popolo egiziano» dagli Stati Uniti in cui proponeva un consiglio di saggi per scrivere una nuova costituzione

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