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Simone Moro conquista il Gasherbrum II. È la prima vetta del Karakorum raggiunta d'inverno

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2011 alle ore 22:16.

La sua voce tradisce la fatica dell'impresa ma l'energia non manca a Simone Moro, rientrato nella tenda a quota 6850 dopo aver raggiunto la vetta del Gasherbrum II (8035 m) con i due compagni di spedizione, il kazako Denis Urubko e l'americano Cory Richards. «Siamo partiti alle tre di notte», racconta l'alpinista bergamasco al telefono satellitare, sulla tredicesima montagna più alta della terra. «Abbiamo deciso di sfruttare una piccolissima finestra di bel tempo, fidandoci del nostro meteorologo Karl Gabl di Innsbruck. Era tutto buio, difficile individuare la via giusta per salire. Siamo arrivati in cima alle 11.28 dopo quasi nove ore per coprire 1100 metri di dislivello».. È una scalata storica, come spiega Moro, «dopo 25 anni e 16 tentativi dei polacchi, siamo i primi ad aver toccato d'inverno la vetta di un ottomila del Karakorum».

Un'impresa storica
Nessuno si era mai avvicinato al Gasherbrum II nella stagione più fredda; ora restano quattro cime inviolate in questo periodo dell'anno, tutte in Karakorum (Broad Peak, Gasherbrum I, Nanga Parbat e K2), mentre i nove giganti dell'Himalaya contano già una salita invernale. E Moro è l'unico alpinista, insieme ai polacchi Jerzy Kukuzcka e Krzysztof Wielicki, ad aver scalato tre ottomila tra il 21 dicembre e il 21 marzo: lo Shisha Pangma nel 2005 e il Makalu nel 2009, quest'ultimo con Urubko che ormai forma con Moro una coppia collaudata per queste avventure. «Siamo molto stanchi, abbiamo riposato solo tre giorni sul ghiacciaio e in meno di un mese abbiamo chiuso i conti». Rimane però un ultimo sforzo: «Domani scenderemo al campo base», aggiunge Moro prima di chiudere la nostra comunicazione. «Il tempo sarà brutto e dovremo prestare attenzione ai crepacci».

Tutto in velocità
La velocità è stata la chiave del successo, oltre alla perfetta logistica di tutta la spedizione. Era indispensabile approfittare di quella brevissima parentesi di tempo stabile prevista da Gabl, un giorno e mezzo di pausa nelle bufere con vento a oltre cento km orari, nevicate e scarsa visibilità. Poi il maltempo l'avrebbe fatta da padrone per parecchi giorni, costringendo gli alpinisti a un'attesa spossante. Ma Moro e compagni erano pronti. Il 30 gennaio, al campo base, hanno stabilito il loro piano. Partire l'indomani per salire in due giorni ai quasi 7000 metri del secondo campo, sempre in stile leggero senza ossigeno, né portatori, né corde fisse e caricando nei loro zaini tutta l'attrezzatura necessaria.

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Tags Correlati: Cory Richards | Denis Urubko | Gasherbrum II | Jerzy Kukuzcka | Karl Gabl | Krzysztof Wielicki | Simone Moro | Sport

 

Le difficoltà della montagna
Già prima della scalata finale verso la vetta, gli alpinisti sono stati messi a dura prova dalle condizioni della montagna, che per diversi giorni li ha impegnati al massimo della loro resistenza. Moro e Urubko (Richards era rimasto in basso per un leggero malessere), per esempio, hanno dovuto scavare una vera e propria trincea nella neve alta, guadagnando appena 250 metri di dislivello in otto ore, per arrivare al secondo campo in due giorni con un bivacco intermedio. Senza contare il pericolo dei crepacci, coperti di una spessa coltre e dunque ancora più insidiosi. «Una volta eravamo su una superficie ghiacciata grande come un campo da tennis ed è collassata di mezzo metro», ha scritto Moro sul suo sito il venti gennaio. «Eravamo su un gigantesco ponte che si è assestato quando c'eravamo sopra… Ho ringraziato Dio». Poi le notti in quota a oltre 40 gradi sotto zero, completamente vestiti nei sacchi a pelo.

La logistica: in elicottero al campo base
L'avventura è iniziata il 27 dicembre scorso. La logistica è uno dei nodi più spinosi in una spedizione invernale. Essendo troppo lungo e rischioso per i portatori raggiungere il ghiacciaio a piedi, a causa del freddo e della quantità di neve sul percorso, Moro ha deciso di utilizzare un elicottero MI17 dell'esercito pakistano. Facendo la spola, il velivolo ha depositato a 5200 metri tutto il materiale, i tre alpinisti e gli altri membri del gruppo: un cuoco e il suo aiutante, il responsabile del campo e l'ufficiale governativo che avrebbe sorvegliato la spedizione, poiché il Gasherbrum II si trova in una zona di guerra, sulla linea di confine contesa con l'India. Tra i compiti da svolgere, l'allestimento del campo base, con le varie tende, la mensa e la cucina, il generatore di corrente, viveri e combustibile per sopravvivere un paio di mesi, apparecchi di comunicazione - modem e telefoni satellitari, computer - per documentare l'impresa in diretta. Quindi una spedizione moderna, tanto veloce e leggera nello stile di scalata quanto dispendiosa e complessa nella logistica. Poi finalmente il 14 gennaio gli alpinisti sono entrati in azione, trovando un passaggio nel dedalo di crepacci del ghiacciaio fino al Gasherbrum II.

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