Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 04 febbraio 2011 alle ore 07:37.
Irritazione, accompagnata da un severo giudizio su quella che al Colle viene definita senza mezze misure una «incomprensibile forzatura». La decisione del governo di approvare in via definitiva il testo del decreto legislativo sul federalismo municipale respinto dalla "bicameralina" presieduta da Enrico La Loggia non è piaciuta affatto al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Spetta proprio al Capo dello Stato l'ultima parola in merito, poichè anche i decreti legislativi varati in attuazione di una legge delega devono essere emanati dal Colle. In gran parte dei casi, si tratta di una formalità. Ora, data la rilevanza della materia, in presenza di una palese "forzatura" non appare affatto scontato che al Colle si opti per il via libera.
Ignorare una deliberazione del Parlamento è un atto che viene giudicato «francamente incomprensibile». Per questo già nella giornata di oggi verranno chiesti a Palazzo Chigi puntuali chiarimenti a giustificazione di questa «improvvisa accelerazione». Il risvolto politico è evidente. È la risposta del Governo a una deliberazione parlamentare che giudica ispirata ad esclusive motivazioni politiche, e che tuttavia mette chiaramente in luce che la maggioranza, dopo la spaccatura con Futuro e libertà, non ha più i numeri per far approvare dal Parlamento i decreti attuativi di una legge fondamentale, quale il federalismo fiscale.
La decisione del governo – si fa rilevare al Colle – interviene dopo l'ultimo appello lanciato da Napolitano due giorni fa da Bergamo, prontamente raccolto dallo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Un nuovo, fermo richiamo a uscire in fretta da una «spirale insostenibile di contrapposizioni, arroccamenti e prove di forza». La scorsa settimana ha fatto chiaramente intendere che non avrebbe assistito passivamente a un ulteriore inasprirsi del conflitto istituzionale. La risposta - si ragiona al Colle - che appare in evidente contraddizione con le "aperture" del premier, è stata questa nuova "forzatura" che rischia di inasprire ulteriormente il conflitto a livello politico e istituzionale.