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Napolitano blocca il decreto sul federalismo e scrive una lettera al premier: documento irricevibile

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 febbraio 2011 alle ore 09:28.

Irricevibile. Sono bastate poche ore a Giorgio Napolitano per giudicare sostanzialmente nulla la decisione del governo, che due sere fa ha approvato in gran fretta il decreto legislativo sul federalismo municipale, con l'evidente intento di dare un segnale preciso alla Lega. I rilievi critici sono condensati in una lunga e dettagliata lettera inviata al presidente del Consiglio e trasmessa ai presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani. In poche parole il Quirinale ha deciso di esporre i suoi rilievi ancor prima che il testo venisse formalmente trasmesso alla firma del Capo dello Stato per l'emanazione. La "forzatura" che il Colle ha colto già a ridosso della decisione del Consiglio dei ministri è tale da non lasciare spazio a dubbi.

Non vi è stata alcuna concertazione preventiva con il Quirinale. Lo sgarbo istituzionale è nella convocazione straordinaria del Consiglio dei ministri, senza averne informato preventivamente il presidente della Repubblica. Ad adiuvandum, il governo non ha perfezionato il procedimento per l'esercizio della delega. Il riferimento è ai commi 3 e 4 dell'articolo 2 della stessa legge delega (n. 42 del 2009) in cui è previsto espressamente l'obbligo di «rendere comunicazioni alle Camere prima di una possibile approvazione definitiva del decreto in difformità dagli orientamenti parlamentari». Da qui la decisione, prontamente comunicata al premier, di «non poter ricevere, a garanzia della legittimità di un provvedimento di così grande rilevanza, il decreto approvato dal governo».

La lunga telefonata del leader della Lega nord Umberto Bossi sembra al momento allontanare rischi di un possibile, clamoroso conflitto istituzionale. Se ne prende atto al Colle. La strada è tracciata dalla delega: approvazione da parte del governo di una relazione da trasmettere alle Camere in cui vengano esposte «le specifiche motivazioni» per cui l'intesa non è stata raggiunta, come prevede espressamente il terzo comma. Atto che mette in moto l'iter successivo: alle comunicazioni del governo, in programma entro un paio di settimane, seguirà una votazione ed entro trenta giorni il Consiglio dei ministri dovrà approvare il nuovo testo.

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Tags Correlati: Bilancio | Camera dei deputati | Consiglio dei Ministri | Federalismo | Gianfranco Fini | Giorgio Napolitano | Lega | Presidenza della Repubblica | Renato Schifani | Senato | Umberto Bossi

 

«Mi risulta - scrive Napolitano - che il provvedimento è diverso da quello originariamente approvato dal governo e trasmesso alla conferenza unificata e alle Camere, ed identico alla proposta di parere favorevole formulata dal presidente della commissione». Proposta - sottolinea il presidente - respinta dalla stessa commissione. Si tratta di un pronunciamento negativo a tutti gli effetti, che a parere di Napolitano non può essere assimilato a «mancanza di parere». Su quel testo la commissione Bilancio della Camera non si è espressa «proprio perché lo ha considerato superato per gli stessi motivi». Il governo deve ottemperare all'obbligo di esporre sia alla conferenza unificata che al Parlamento le ragioni per le quali «ha ritenuto di procedere in difformità dai suindicati orientamenti parlamentari e senza aver conseguito l'intesa nella stessa conferenza, come risulta dal verbale del 28 ottobre 2010».

Fin qui i rilievi che sono formali e sostanziali al tempo stesso. La decisione di per sè ha un notevole rilievo, poiché non si ricordano precedenti di mancata emanazione di un decreto legislativo. In questo caso addirittura se ne è dichiarata la preventiva irricevibilità. Nella lettera si va però ben oltre. Napolitano invita Berlusconi a un «pieno coinvolgimento» del Parlamento, delle regioni e degli enti locali nel complesso processo di attuazione del federalismo fiscale. La materia è di tale rilevanza, coinvolge l'assetto definitivo del sistema delle autonomie locali in attuazione del nuovo titolo V della Costituzione, e dunque non può che richiedere un clima di «larga condivisione». È quello che è avvenuto quando venne approvata la legge delega. «Se in questo caso non vi è stata condivisione sul piano sostanziale - aggiunge Napolitano - più che opportuno resta evitare una rottura anche sul piano procedimentale, per violazione di puntuali disposizioni della legge».

Il finale della lettera racchiude poi la profonda irritazione del Capo dello Stato, sul piano prettamente istituzionale: non giova certo a un corretto svolgimento dei rapporti istituzionali la convocazione straordinaria di una riunione di governo «senza la fissazione dell'ordine del giorno e senza averne preventivamente informato il presidente della Repubblica, tanto meno consultandolo sull'intendimento di procedere all'approvazione definitiva del decreto legislativo». Parole nette che pesano come pietre.

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