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Bce: i prezzi sono caldi ma c'è tempo per la stretta

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 febbraio 2011 alle ore 08:51.

FRANCOFORTE - È un quadro sempre "incerto" quello tratteggiato ieri dalla Banca centrale europea, nonostante la ripresa dell'economia. Da un lato la situazione irlandese è sempre molto precaria, anche per via di una campagna elettorale nella quale alcuni partiti stanno mettendo in dubbio il piano di risanamento dei conti. Dall'altro la crisi egiziana è una nuova minaccia per il futuro del prezzo del petrolio.
Nella sua conferenza stampa di ieri il presidente Jean-Claude Trichet ha confermato a grandi linee l'analisi del mese scorso. Il tasso di riferimento, fermo all'1% dal maggio del 2009, rimane «per ora appropriato», anche se non mancano pressioni inflazionistiche a breve termine, provocate in particolare dal prezzo delle materie prime. In gennaio i prezzi al consumo sono saliti al 2,4% annuo, ben sopra al limite del 2 per cento.

In questo contesto, l'istituto monetario ha promesso di «seguire da molto vicino» l'andamento dei prezzi, in particolare per evitare qualsiasi incremento delle aspettative di inflazione. La Bce si aspetta un calo solo «a cavallo dell'anno». Tre settimane fa, in occasione della precedente riunione del consiglio direttivo, l'istituto monetario aveva parlato di una diminuzione dell'inflazione sotto al 2% «verso la fine dell'anno».
A molti osservatori è sembrato che Trichet abbia voluto prendere tempo. Nei fatti la posizione della Bce non è cambiata rispetto all'inizio di gennaio. Resta la preoccupazione di assistere a un travaso dell'aumento dei costi delle materie prime sui salari e sugli altri prezzi, in un contesto in cui il tessuto economico della zona euro è impregnato di abbondante liquidità. In questo senso il banchiere ha assicurato di seguire con «estrema attenzione le tensioni geopolitiche» nel Nord Africa. La paura è che la crisi egiziana, dove il regime è scosso da una rivolta popolare, possa degenerare, provocare un blocco della circolazione delle navi dal Canale di Suez e quindi un forte aumento del prezzo del petrolio. Nessuno nel consiglio direttivo ha dimenticato la guerra dello Yom Kippur e lo shock petrolifero del 1973.

Accanto a questo rischio, la Bce deve fare i conti anche con la situazione irlandese. Il paese non deve solo affrontare una crisi debitoria e uno sconquasso bancario, ma anche una delicatissima campagna elettorale (si vota il 25 febbraio). Alcuni partiti hanno dichiarato di voler rivedere i termini dell'accordo con la comunità internazionale per il risanamento del bilancio pubblico.

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Tags Correlati: Bce | Istituzioni dell'Unione Europea | Jean-Claude Trichet |

 

«L'intesa deve essere applicata», ha ripetuto ieri Trichet, evidentemente preoccupato da una tale eventualità. È la prima volta che un paese in crisi debitoria è chiamato alle urne. Come non pensare che vi sia il rischio di una deriva incontrollabile? In un contesto così fragile, il presidente della Bce ha cercato il giusto equilibrio tra la paura per l'inflazione e la consapevolezza dell'incerto quadro politico ed economico.
Lo sguardo di molti analisti corre a marzo quando la Bce dovrà pubblicare nuove stime economiche e decidere se e come proseguire sulla strada dell'uscita graduale dalle misure straordinarie di liquidità, magari trovando una soluzione ad hoc per le banche ancora bisognose di aiuto finanziario. Intanto ieri l'euro si è indebolito contro il dollaro, scendendo da 1,3776 a 1,3630 sulla scia dell'impressione che una stretta monetaria ci sarà solo nella seconda metà dell'anno.

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