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Stop in commissione, il governo approva

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 febbraio 2011 alle ore 07:39.

Dopo 86 giorni di vertici, faccia a faccia, trattative, rinvii, accordi, bozze e lodi la partita del fisco municipale si è decisa solo ai supplementari. Che sono durati appena sette ore anziché 30 giorni come auspicato dall'opposizione. Tante ne sono intercorse tra il pareggio in bicamerale e il consiglio dei ministri serale che ha approvato in via definitiva il quarto decreto attuativo del federalismo. Il provvedimento dovrà essere emanato dal presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

Il sì di Palazzo Chigi a un testo, che secondo il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, «farà diminuire le tasse», è giunto al termine di un'altra lunga giornata per la riforma federale. Cominciata addirittura la notte prima quando al termine di un briefing della maggioranza a Palazzo Grazioli la Lega ha lanciato l'ennesimo ultimatum «o il decreto passa in bicamerale o si alle elezioni» e proseguita con un confronto mattutino tra il leader del Carroccio Umberto Bossi e il presidente della Camera, Gianfranco Fini. Poco dopo si è riunita a San Macuto la "bicameralina" a cui la legge delega assegna il compito di esprimere il parere sui decreti di attuazione. Secondo copione le dichiarazioni di voto che si sono susseguite: ai sì scontati di Lega, Pdl ed Svp hanno fatto da contraltare i no – altrettanto prevedibili viste le dichiarazioni dei giorni scorsi dei rispettivi leader – di Pd, Idv, Api e Udc. A cui si è associato anche Mario Baldassarri (Fli) che fino all'ultimo ha lasciato una porta aperta all'esecutivo.

L'economista finiano ha invitato fino alla fine il governo a compiere uno sforzo ulteriore dopo la sostituzione della compartecipazione all'Irpef con quella all'Iva. Auspicando l'introduzione di deduzioni per gli inquilini con cui accompagnare la cedolare secca e l'estensione dell'imposta municipale sul possesso (Imu) alla prima casa in una forma interamente detraibile all'Irpef. Ma da queste due orecchie la maggioranza non c'ha sentito e si è arrivati alla conta finale.

Nel respingere la richiesta della Lega di votare per parti separate i pareri del relatore di maggioranza, Enrico La Loggia (Pdl), e di quello di minoranza, Giuliano Barbolini (Pd) la commissione si è espressa ed è finita, come temuto dal Carroccio, 15 a 15. Da quel momento il dibattito si è spostato sulle tappe successive. E qui si sono aperti tre diversi scenari, ognuno con un appiglio più o meno fondato ai regolamenti parlamentari e ai contenuti della legge delega. Il primo l'ha illustrato lo stesso La Loggia.

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Tags Correlati: ANCI | Bilancio | Enrico La Loggia | Gianfranco Fini | Giuliano Barbolini | Giulio Tremonti | Governo | Idv | Lega | Marco Filippeschi | Ministero per gli Affari Regionali | Senato | Sergio Chiamparino | Udc | Umberto Bossi

 

«È come se il parere non fosse stato espresso. Quindi andiamo avanti», ha sostenuto l'ex ministro degli Affari regionali che ha poi annunciato di voler mettere all'ordine del giorno della bicamerale a partire da martedì il prossimo provvedimento attuativo (sul fisco regionale e sui costi standard sanitari). Riservandosi però di chiedere che la composizione della bicamerale venga aggiornata in virtù dei nuovi equilibri politici. Cioè il passaggio di Fli all'opposizione.


A detta del Pd, dinanzi allo stop della bicamerale, il governo avrebbe invece dovuto fermarsi un attimo ed evitare di «andare avanti in modo insensato», per usare le parole del capogruppo in commissione, Walter Vitali. «Si vada a discutere sul federalismo regionale – ha aggiunto – e poi si riprenda quello municipale». Fermo restando che secondo i democratici la bocciatura del parere l'esecutivo si sarebbe dovuto presentare in aula, spiegare le sue motivazioni, aspettare i 30 giorni e solo dopo tornare in Consiglio dei ministri.

Diversa ancora è stata la soluzione prospettata dal terzo polo. In una conferenza stampa a San Macuto Linda Lanzillotta (Api) ha dichiarato: «L'unica cosa che può fare il governo ora è tornare al testo originario». Un concetto rafforzato da Baldassarri: Certamente non potranno essere incorporate in quel testo le modifiche fatte in queste settimane». E anche le dichiarazioni di Fini sembravano andare in questa direzione visto che, intervenendo a un convegno organizzato dal forum del terzo settore, l'ex ministro degli Esteri ha parlato di «situazione senza precedenti» e di «parere respinto».

Del decreto è tornata a parlare anche l'Anci. Nel rispettare «l'autonomia politica del parlamento», il presidente Sergio Chiamparino ha spiegato che il contributo dell'associazione ha «salvato il salvabile con un testo assai migliorabile ma efficace». Laddove il numero uno di Legautonomie, Marco Filippeschi, ha commentato: «La proposta non era all'altezza ed è un bene che non sia passata».

Delle tre strade l'esecutivo ha scelto la prima. Una volta incassato il sì della Camera sulla riconsegna alla procura di Milano delle carte sul caso Ruby, è stato convocato il consiglio dei ministri straordinario che alle 21 ha dato l'ok definitivo al decreto sul fisco municipale. La "fumata bianca" è stata annunciata da Bossi con una nota. Seguita a stretto giro da un comunicato di una riga dell'Economia secondo cui decisivo sarebbe stato il parere favorevole espresso con 14 sì e 11 no dalla commissione Bilancio del Senato. Senza alcun riferimento al fatto che l'organismo omologo della Camera, nel frattempo, aveva optato per il «non luogo a procedere» visto il pareggio registratosi in bicamerale.

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