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Questo articolo è stato pubblicato il 05 febbraio 2011 alle ore 11:20.
Andarsene? Non se ne parla. Ahmad, Khaled, Ghada, Soha e gli altri giovani dell'opposizione resteranno qui anche stanotte, a presidiare piazza Tahrir. La loro roccaforte non va ceduta, ripetono, a nessun costo. E se sarà necessario ci rimarranno anche domani, o un'altra settimana, o ancora di più.
L'avevano battezzata «giornata della partenza». Il giorno dell'addio del dittatore. Ma l'anziano Hosni Mubarak , 82 anni, è ancora al suo posto, incollato alla poltrona su cui siede dal lontano 1981. Piazza Tahrir è gremita, anche dopo il coprifuoco che scatta alle ore cinque. E i giovani sono tanti, tantissimi, di tutte le classi ed estrazioni sociali.
Arrivarci dall'aeroporto non è affatto facile. Ogni tassista si rifiuta di portarci all'Hotel Intercontinental, che si affaccia proprio sulla popolare piazza. Troppo pericoloso, si scusano. Alla fine, tramite un contatto, un autista accetta di farlo. L'auto taglia per scorciatoie in strette vie, dove la gente si riposa su materassi adagiati in strada. Le saracinesche dei negozi sono quasi tutte serrate.
Ma alla fine anche lui inceppa in un check point. Armati di bastoni tre egiziani si infilano subito in macchina, ci strappano il telefono, rovistando senza permesso nei bagagli. Alla fine sono disposti a portarci dai militari. Il capitano ordina ai soldati di perquisire accuratamente i bagagli, poi ci lasciano andare, porgendo le scuse per l'inconveniente. Quando l'autista scorge da lontano un chek point volante eretto dai pericolosi sostenitori di Mubarak, sterza di colpo e imbocca un'altra stradina. Alla fine si arriva nel cuore di piazza Tahrir.
Ahmed il consulente senior
Vestito con un elegante montone un giovane si fa avanti. Si chiama Ahmed el Nashar. «È' solo questione di giorni - spiega nel suo inglese forbito perché il regime è già collassato. Ma attenzione, non ci fidiamo di nessuna promessa. Lo abbiamo già fatto in passato, sin dai tempi di Nasser e ne siamo rimasti scottati».
Ahmed el Nashar, 31 anni, è una delle centinaia di migliaia di voci che vibrano all'unisono nella grande piazza. Alle spalle può vantare solidi studi universitari e due master di specializzazione. Lavora come consulente senior presso una ditta straniera. Guadagna bene, lo ammette. «Non mi vergogno a dirlo, mando i miei tre figli a scuole private, vivo in una bella casa, ho una bella automobile. Potreste dirmi che non mi manca nulla. Invece mi manca tutto. La democrazia, la libertà di espressione, la trasparenza, l'aria che respiro, l'aria di un uomo libero che ha il diritto di scegliere. Tutto il paese è impregnato dalla corruzione del circolo di Mubarak. Sono nato con Mubarak, i miei figli sono nati sotto Mubarak. Vi rendete conto?».