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In Italia il focus ora si concentra sulle seconde linee

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 febbraio 2011 alle ore 08:12.


È ai nastri di partenza la nuova stagione dei pay watch all'italiana. Ancora poche settimane e, con i bilanci delle società quotate, si alzerà il velo sui compensi dei vertici delle principali aziende nel 2010, il terzo anno della grande crisi economica.
Le prime anticipazioni dal mondo anglosassone, ma gli stessi italici consuntivi del 2009, mostrano – con poche eccezioni – una riluttanza delle buste paga dei supermanager ad adeguarsi al ribasso quando le cose vanno male.
Soffrono i pacchetti di stock option, a causa della borsa fiacca. Ma non per tutti: Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat e Chrysler, stipendio base 3,05 milioni di euro lordi l'anno (più il bonus secondo i risultati), tiene nel cassetto il suo leggendario pacchetto di opzioni su Fiat che, per la quota già utilizzabile, se esercitato in queste settimane gli avrebbe regalato un guadagno teorico di 120 milioni, prima delle tasse.
Difficile che nella classifica tra i manager d'Italia per l'anno scorso qualcuno superi Alessandro Profumo. Con le dimissioni da UniCredit a fine settembre ha ricevuto circa 40 milioni lordi, di cui due in beneficenza. Cifra ufficiosa, mai smentita, senza che la Consob abbia preteso dalla banca una comunicazione ufficiale dell'importo e delle motivazioni. Al contrario nell'aprile 2009, quando Pirelli Re in rosso (oggi Prelios) accompagnò alla porta il vicepresidente Carlo Puri Negri, su richiesta della Consob la società comunicò che la buonuscita era di 14 milioni lordi. Sommata agli «emolumenti» di Puri Negri per altre cariche, la buonuscita ha elevato i guadagni di competenza 2009 a 15,27 milioni, facendo dell'ex capo del mattone Pirelli, oltre che un uomo ricco, il leader della graduatoria.
Tra gli altri compensi già pubblicati, il bilancio di Mediobanca al 30 giugno 2010: Cesare Geronzi ha percepito 2,7 milioni lordi come presidente per dieci mesi, dal 25 aprile 2010 è presidente delle Generali (stipendio sui 3 milioni l'anno, dati ufficiosi), l'a.d. Alberto Nagel 2,55 milioni.
Consob e Banca d'Italia stanno per emanare nuove disposizioni sulla trasparenza delle buste paga. La commissione presieduta da Giuseppe Vegas sta preparando una «comunicazione» con la quale tutte le quotate sono «caldamente invitate» nelle prossime assemblee a dettagliare gli accordi di buonuscita dei top manager.

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Tags Correlati: Alberto Nagel | Banca d'Italia | Cesare Geronzi | Consiglio d'Amministrazione | Consob | Enel | Finmeccanica | Gaetano Micciché | Generali | Giuseppe Vegas | Management | Paolo Fiorentino | Sergio Ermotti | Sergio Marchionne | Telecom

 

Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ha varato nel marzo 2009 le linee guida per una maggiore trasparenza sui compensi dei banchieri. L'attuazione in alcuni grandi istituti non sembra però pienamente soddisfacente.
Le nuove norme Consob lasciano tuttavia nell'ombra i compensi di una popolazione ben pagata, gli alti dirigenti a ridosso di amministratore delegato, direttore generale, presidente. Sono i «dirigenti con responsabilità strategiche», seconde linee di alto livello, che godono di un cono d'ombra, come Il Sole 24 Ore ha già segnalato il 14 febbraio 2009. Secondo la legge Draghi e le norme Consob, i loro stipendi vengono indicati solo come aggregato, a meno che non siano componenti del cda.
Così, è obbligatorio comunicare il compenso di un consigliere-peone da poche migliaia di euro l'anno, ma non la busta paga di un vice-amministratore delegato, un condirettore o vicedirettore generale che può guadagnare, nelle grandi banche e assicurazioni, alla Fiat, a Telecom o Finmeccanica, anche due milioni all'anno. Ad azionisti e stakeholder interessa però molto di più questa seconda categoria.
Dai bilanci si fatica a comprendere chi siano e talvolta quanti siano i manager «con responsabilità strategiche». Il bilancio Fiat 2009 precisa che erano 17 dirigenti in carica a fine 2009 e due usciti nell'anno, per compensi totali di 19,1 milioni, in media un milione a testa. Il bilancio Enel riferiva di 14,41 milioni pagati nel 2009 a un totale di 17 «posizioni dirigenziali», in media quasi 850mila a testa, l'Eni di 8,44 milioni a 8 dirigenti, quindi 1,055 milioni medi a testa.
Il bilancio di Intesa Sanpaolo indica 15,76 milioni agli «strategici», senza precisare quanti siano. La somma più elevata era nel bilancio UniCredit: 30,67 milioni riconosciuti nel 2009 ai dirigenti strategici, che salivano a 65,1 milioni includendo gli amministratori (compreso Profumo) e i pagamenti in azioni (pari a 20,67 milioni), ma le note alla tabella compensi non indicano quanti fossero né in quali posizioni. Tra gli «strategici» di UniCredit nel 2009 vi erano i vice-a.d., Sergio Ermotti, Paolo Fiorentino e Roberto Nicastro, manager da 2-3 milioni di stipendio l'anno. E tra quelli di Intesa c'era Gaetano Micciché.
La strada della trasparenza è ancora lunga e tortuosa, come ha evidenziato Sandro Catani, consulente di grandi aziende per l'executive compensation, nel recente libro «Manager superstar», edito da Garzanti. Eloquente il sottotitolo: «Merito, giusto compenso e disuguaglianza sociale».
Uno dei punti più controversi è la buonuscita. «Nel nostro paese, così come in molti altri, non sono state solo le stock option – osserva Catani – a gonfiare le retribuzioni dei manager. Elementi, meno trasparenti e meno predeterminati, hanno contribuito a far crescere i pagamenti in misura esponenziale. Le buonuscite, o liquidazioni d'oro, sono elementi della retribuzione conosciuti dagli stessi consigli d'amministrazione spesso a posteriori, più in termini di ratifica che secondo una governance accettabile».
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