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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2011 alle ore 07:39.
Avanti senza tentennamenti, senza far balenare lo spettro del ritorno alle urne. Torna il rituale delle cene del lunedì. Ad Arcore Silvio Berlusconi e Umberto Bossi mettono a punto la strategia di una settimana che si annuncia cruciale. Il decreto sul federalismo regionale approda infatti alla bicamerale mentre per quello municipale, respinto dalla commissione e dichiarato irricevibile dal Capo dello Stato, deve essere calendarizzato il passaggio in aula. La Lega è nervosa e ieri è tornata con Roberto Calderoli a minacciare la crisi, dichiarandosi pronta a «staccare la spina» se non si arriverà rapidamente a un riequilibrio nelle commissioni parlamentari. L'obiettivo principale è la bicamerale sul federalismo dove oggi maggioranza e opposizione sono alla pari così come in commissione Bilancio della Camera, nella quale passano i più importanti provvedimenti.
Calderoli poi rettificherà il tiro («come sempre i giornalisti capiscono fischi per fiaschi») ma la sostanza del ragionamento non cambia. Il Carroccio è disposto a non forzare le tappe ma non a lasciarsi invischiare nella «palude». Domani Bossi lo confermerà al capo dello Stato, che ancora attende una risposta formale alla lettera inviata al premier in cui dichiarava la irricevibilità del decreto approvato in fretta e furia dal Consiglio dei ministri nonostante la bocciatura avvenuta in bicamerale. Un esito che la Lega non vuole si ripeta sul fisco regionale, sul quale peraltro è stata già raggiunta a dicembre l'intesa con i governatori regionali. Di qui la richiesta di rivedere la composizione delle commissioni, operazione che però, nonostante la disponibilità espressa dai presidenti di Camera e Senato, non si annuncia affatto semplice. Il problema è l'estrema frammentazione politica. Ad esempio al Senato Udc e Svp sono nello stesso gruppo ma votano diversamente e lo stesso avviene nel misto. Il primo passo, dunque, è procedere a una ricomposizione attraverso la formazione di gruppi che, pur se composti da diversi sottogruppi, possano essere facilmente riconducibili alla maggioranza, come avvenuto ad esempio alla Camera con i responsabili. Se lo stesso avvenisse al Senato è presumibile che a perdere pezzi in bicamerale possa essere il terzo polo e in particolare l'Udc, restituendo così la maggioranza numerica alle forze che appoggiano l'esecutivo. Ma non c'è molto tempo: entro il 7 marzo (salvo proroghe) deve essere licenziato il decreto sul federalismo regionale. Se non dovesse essere approvato si imporrebbe il passaggio in aula, con ulteriore attesa di un mese per la sua emenazione, come previsto dalla legge delega.