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L'ira del premier: farò causa allo Stato

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2011 alle ore 07:22.

«Un'avanguardia politica rivoluzionaria» che agisce «in sfregio al popolo sovrano», un «partito politico vero e proprio» che calibra le sue iniziative in base «al potenziale mediatico», che «disprezza» il parlamento e le istituzioni democratiche, «disattende gravemente il principio di leale collaborazione», e che «da 17 anni tenta di sovvertire il verdetto democratico». Questa è la Procura di Milano nella "sentenza" scritta ieri sera da Silvio Berlusconi e dall'Ufficio di presidenza del Pdl, con un linguaggio che per il Pd assomiglia a quello di «un'organizzazione terroristica», per Fli è «degno delle peggiori dittature» e per l'Idv «è un insulto all'intero popolo italiano».

Ma nel documento approvato a palazzo Grazioli si va oltre: ce n'è per il garante della privacy, per «l'assoluta inadeguatezza delle sue prese di posizioni» rispetto al «bombardamento mediatico illegale, arbitrario e rateizzato» di intercettazioni telefoniche «prive di qualsiasi rilevanza penale»; ce n'è per il diritto di cronaca, che «non potrà mai comprimere, fino ad annullarlo, il diritto dei cittadini alla riservatezza»; ce n'è per la Corte costituzionale, non citata espressamente, ma tirata in ballo perché «sono venuti meno i contrappesi nei rapporti tra poteri dello stato».

Ce n'è per la magistratura in generale, «divenuta un potere irresponsabile» che «priva i cittadini e la stessa democrazia di tutele rispetto a possibili azioni spregiudicate dal carattere eversivo». È in atto, si legge, un «pericoloso conflitto» tra magistratura e sovranità popolare, e si annunciano risposte «politiche», oltre che «giudiziarie». Berlusconi fa sapere che andrà al Quirinale, a parlarne con il capo dello stato. Vuole rilanciare la riforma delle intercettazioni addirittura per decreto legge e minaccia di «far causa allo stato». Le sue truppe, intanto, si preparano alla «mobilitazione». In canna ci sono il conflitto di attribuzioni contro la Procura davanti alla Consulta, la denuncia dei pm per attentato agli organi costituzionali, la legge sulla responsabilità civile diretta dei giudici e quella sul processo breve.

Accade a tarda sera, a Roma, al termine di una giornata cominciata, a Milano, con la richiesta di giudizio immediato per il premier, accusato dalla Procura di concussione e prostituzione minorile. La notizia sta già facendo il giro del mondo quando Berlusconi cerca di strappare la scena ai pm. Sotto i riflettori del post Consiglio dei ministri li attacca frontalmente. «È uno schifo, una vergogna!», ripete a più riprese. «Sono intervenuto come presidente del Consiglio perché ero preoccupato di un incidente diplomatico internazionale», spiega, riferendosi alla telefonata in Questura con cui chiese il rilascio di Ruby definendola «nipote di Mubarak». Un intervento diplomatico ma anche umanitario, «perché sono solito aiutare le persone in difficoltà», precisa. «Io non mi preoccupo di me - assicura –. Sono un ricco signore che può passare a fare ospedali per i bambini nel mondo, come ho sempre desiderato».

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Tags Correlati: Consiglio dei Ministri | Corte Costituzionale | Idv | Milano | Niccolò Ghedini | Pd | PDL | Reati | Silvio Berlusconi | Umberto Bossi

 

Poi l'affondo: «I pm violano la legge, vanno contro il parlamento, la procura di Milano non ha competenza né funzionale né territoriale». I processi sono tutti una «farsa», le accuse «infondatissime», «non c'è alcun reato penale». «Chi pagherà per quest'attività che, a mio modesto avviso, ha soltanto finalità eversive?» chiede. Risposta: «Naturalmente intenterò una causa allo stato perché, come sapete, non c'è la responsabilità dei magistrati. Ed è una cosa da cambiare che cambieremo». Perché la maggioranza, assicura, «è in continuo miglioramento, cresce di votazione in votazione», non c'è più l'ostacolo dei finiani e «certe riforme si possono fare, a partire da quella della giustizia».

Poi convoca le sue truppe prima a palazzo Grazioli, poi a via dell'Umiltà e infine ancora a Palazzo Grazioli: «sono innocente», è «una persecuzione», «non mi faccio processare sui giornali e in tv». Nel frattempo incassa il pieno appoggio di Umberto Bossi, anche lui convinto che i pm abbiano «esagerato»: non dovevano chiedere il rito immediato, ma trasferire gli atti al «giudice naturale», cioè al tribunale dei ministri, perché così ha stabilito «il Parlamento a maggioranza assoluta».

Il conflitto di attribuzioni contro la Procura è ormai solo una questione di giorni ma c'è chi propone anche di presentare a Brescia una denuncia per «attentato agli organi costituzionali. L'opposizione è indignata per i toni, le parole, le misure annunciate. Ma ormai è guerra aperta. Per dovere d'ufficio, Niccolò Ghedini, uno dei difensori del premier, dice che «continua ad auspicare che il Gip non voglia accogliere questa totalmente infondata richiesta di giudizio immediato» ma poi aggiunge: «Non ci spero molto, purtroppo siamo a Milano». Insiste sulla «grave situazione istituzionale», conferma che Berlusconi potrebbe far causa allo stato per chiedere i danni, ma poi frena: «Per intanto facciamo il processo, poi ci penseremo».

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