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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2011 alle ore 20:51.
L'Algeria trattiene il fiato alla vigilia di quella che da molti è stata definita come la "giornata della svolta". La tensione è alta soprattutto ad Algeri. Migliaia di agenti presidiano la città dove, nonostante il divieto delle autorità, sindacati, partiti d'opposizione e associazioni, scenderanno in piazza per reclamare «democrazia e libertà» ma anche «un cambiamento del regime». Oggi si è avuto un primo segnale di quello che potrebbe accadere domani: decine di manifestanti del Raggruppamento per la cultura e la democrazia (RCD), scesi in strada per festeggiare le dimissioni del presidente egiziano Hosni Mubarak, sono stati caricati dalla polizia.
«Ci sono stati diversi arresti», ha detto all'ANSA, Said Sadi, leader del partito d'opposizione, e almeno due feriti. «Le autorità sono accecate dal panico» e «invece di dare una risposta politica alle richieste della gente stanno preparando una risposta militare», ha spiegato. Circa 30mila agenti di polizia sono stati posizionati ad Algeri mentre altri 10mila alla periferia della città. In realtà, una risposta politica le autorità hanno tentato di darla, ma l'annuncio fatto pochi giorni fa dal presidente Abdelaziz Bouteflika di un' imminente revoca dello Stato d'Emergenza, non sembra aver dato nessun risultato.
Impossibile sapere quante persone scenderanno in piazza e aderiranno agli appelli pubblicati sui quotidiani da artisti, scrittori, avvocati e semplici cittadini. Per le strade della capitale, la popolazione sembra aver paura. Forse è ancora troppo vivo il ricordo delle atrocità commesse dai gruppi islamici radicali che presero il potere proprio approfittando della grande rivolta popolare del 1988. «Vogliamo un cambiamento ma non il caos», dicono alcuni. In molti oggi si sono affrettati a fare il pieno di benzina e scorte alimentari per il timore di penurie nei prossimi giorni.
Un imponente dispositivo di sicurezza è stato dispiegato vicino a Piazza Primo Maggio, da dove dovrebbe partire la marcia promossa insieme all'RCD, da un centinaio di associazioni, tra cui La Lega algerina per i diritti umani (Laddh) e l'Osservatorio per la violenza contro le donne, ma anche studenti, sindacati autonomi e avvocati, riuniti nel 'Collettivo il cambiamento e per la democrazià (CNCD). Un movimento nato il 21 gennaio per tentare di raccogliere il testimone delle proteste che all'inizio di gennaio hanno fatto in tutto il paese 5 morti e 800 feriti. In quei giorni, i giovanissimi scesi in strada hanno usato la violenza per esprimere la loro rabbia e frustrazione, mentre domani, dicono gli organizzatori, «la marcia sarà pacifica».