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Questo articolo è stato pubblicato il 13 febbraio 2011 alle ore 18:42.
La proposta arriva alla fine. Via libera al federalismo fiscale accompagnato dal Senato delle regioni e dalla riforma della legge elettorale. Il destinatario è Umberto Bossi e Gianfranco Fini si rivolge a lui definendolo «il governo». Il neopresidente già dimissionario di Fli lancia la sua offerta all'indomani della nota con cui il Quirinale, per la prima volta, ha parlato esplicitamente di elezioni anticipate qualora nonn cessi lo scontro politico-istituzionale in atto. Una posizione che ha scatenato la reazione della stampa vicina al premier, la quale ha attaccato Giorgio Napolitano definendolo «peggio di Scalfaro». Lo scontro è passato dai magistrati al Colle.
Fini tenta il Carroccio sul terreno più caro
È in questo contesto che va inserita la proposta, altrimenti non nuova, di Fini. Il presidente della Camera chiede alla Lega di prendere posizione. Finora il Carroccio non ha mai allentato il vincolo di fedeltà con l'alleato. Bossi ha però anche mostrato di non volersi immischiare più di tanto. Dice che i pm esagerano ma anche Berlusconi ha le sue colpe. E soprattutto il leader della Lega ha mostrato grande attenzione al rapporto con il Quirinale. Ora però tutto ciò potrebbe non bastare più. Ed è su questo che gioca Fini.
La richiesta di dimissioni al premier? Solo un pretesto
Del resto era l'unica carta spendibile da parte del leader di Fli. La sfida alle dimissioni contestuali lanciata al Cavaliere, quel ricordargli che se lui è presidente della Camera grazie al sostegno degli ex alleati, Berlusconi siede a palazzo Chigi per «qualche milione di voti» finiani, è stato solo un espediente. Un modo per sottolineare che il Cavaliere, per ragioni del tutto «personali», non può permettersi di lasciare la presidenza del Consiglio mentre «io non ho alcun problema a uscire da Montecitorio».
I colonnelli già inguaiano il nuovo partito
Stilettate buone per fare scattare in piedi la platea e anche per rassicurarla su un progetto, quello di Futuro e libertà, che appena nato mostra già crepe evidenti: alla chiusura dell'assemblea costituente Fini non ha potuto infatti ufficializzare l'organigramma del partito al centro ancora delle faide interne, tra chi vorrebbe Italo Bocchino numero due di Fli e gli altri preoccupati del troppo potere del capogruppo di Montecitorio. Per un partito che guarda anche nel nome al «futuro» sa tanto di vecchio. Forse è per questo che al termine del suo lungo intervento Fini si è guardato bene dallo stringere le mani protese dei suoi nuovi colonnelli, preferendo come foto ricordo di questa assemblea costituente il centinaio di giovani seduti sulla collina di prato pronto alle sue spalle.