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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2011 alle ore 07:39.
I berretti rossi della Guardia Repubblicana si guardano intorno soddisfatti, in mezz'ora di parapiglia hanno ripulito piazza Tahrir dagli irriducibili. Sui muri restano striscioni con le foto dei martiri e le auto sono pronte a impadronirsi di nuovo della piazza. Ma il ritorno all'ordine dura poco. Le banche sono chiuse per gli scioperi, la Borsa è sbarrata fino a domenica, il turismo è affondato: l'Egitto è in ebollizione.
I giovanotti della polizia militare vengono sommersi dai lavoratori dello sport in agitazione, poi tocca ai poliziotti che chiedono l'immunità per le antiche e recenti malefatte ma pure immancabili aumenti di paga; quindi è la volta dei dipendenti della Bank of Alexandria, furibondi perché rischiano il posto; infine scendono in campo le guide delle piramidi, rimaste senza lavoro in alta stagione. I berretti rossi, esausti e grondanti, si fanno da parte. Per poi ricominciare, sparando raffiche di mitra in aria nel tentativo di disperdere la folla: gli scontri nella notte si fanno duri e si sente l'ululato delle sirene.
Il nuovo Egitto ricomincia dove era finito quello di Mubarak, con ondate di scioperi che sfidano l'ordine imposto dai militari e dall'uomo forte del momento, Mohammed Tantawi, ottantenne ministro della difesa, capo del consiglio supremo e presidente di fatto. «Nobili egiziani non manifestate più, tornate casa» è l'appello dei militari. Ma i nobili egiziani restano in strada, a gola spiegata, mentre scendono in piazza anche in Iran e in mezzo Medio Oriente, risvegliando l'attenzione di pensosi esperti che ignoravano un mondo in cambiamento, aggrappati a griglie di lettura antiquate.
Attraverso la città con Tarek Niazi, manager cinquantenne che dirige l'azienda di famiglia, l'acciaieria Al Zhara, partner dell'italiana Danieli. Anche lui protesta. Tarek racconta la sua storia mentre siamo imprigionati in un ingorgo nel tunnel dell'Opera. I lavoratori hanno bloccato l'uscita.
«Guadagno 300 lire al mese (45 euro ndr), solo con contratti a termine e da undici anni non ci pagano l'assicurazione medica», urla un operaio nel finestrino. Non solo i salari sono bassi – spiega Tarek – ma gli operai vengono assunti e licenziati di continuo da due entità diverse, il governatorato del Cairo e l'autorità per i tunnel, quindi non sanno mai a chi chiedere gli arretrati».