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Marchionne (in giacca e cravatta) alla Camera: la Fiat ha progetti ambiziosi per l'Italia

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2011 alle ore 09:57.

L'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, è stato impegnato in un'audizione presso le Commissioni Attività produttive, commercio, turismo e Traporti, poste e telecomunicazioni riunite nella Sala del Mappamondo di Montecitorio.

Marchionne, in un'inedita versione giacca e cravatta (d'obbligo per accedere alla Camera), ha iniziato il suo intervento ricordando il recente passato della Fiat, uscita da una crisi dovuta alla sua resistenza ai cambiamenti. Su Fiat si «è aperto un ampio e lungo dibattito; si è sentita molta politica, molta ideologia ma poca aderenza alla realtà e conoscenza dei fatti - ha esordito Marchionne - Il fatto di essere qui in Parlamento è la dimostrazione del rispetto per questo Paese e le istituzioni e la fiducia che abbiamo nel futuro dell'azienda e dell'Italia». «Nessuno può accusare la Fiat di comportamenti scorretti, di vivere alle spalle dello Stato o di voler abbandonare il Paese. Abbiamo progetti ambiziosi che partono dall'Italia», continua l'amministartore delegato di Fiat.

Il motivo che ha spinto Fiat alle sue iniziative risiede nella «necessità di cambiamento, indispensabile elemento per sopravvivere e avere successo». Marchionne ha poi sottolineato che Fiat era un'azienda che nel 2004 perdeva 4 milioni al giorno compresi il weekend. Dobbiamo «garantire a Fiat di restare al passo con la realtà e il mercato e assicurare ad azienda e lavoratori prospettive solide», ha aggiunto.

Il fronte Fiat-Chrysler, alleanza culturale prima che di business
«Non è solo vero che la Fiat abbia salvato Chrysler, è vero anche il contrario», ha detto l'ad di Fiat, per il quale l'alleanza è determinante per il futuro della Fiat: «Le ha consentito di diventare un produttore completo, ampliando la gamma in un modo che la Fiat da sola non avrebbe potuto fare». Il futuro di Fiat e Chrysler, pertanto, è «legato a doppio filo. Entrambe avranno enormi benefici da questo legame. Entro il 2014 - ricorda - supereremo un milione di vetture prodotte». Marchionne ha sottolineato anche come l'alleanza Fiat-Chrysler sia «molto più profonda del mero business. è un'integrazione culturale basata su rispetto e unità, dove non c'è posto per nazionalismi e arroganza di chi vuole insegnare. Muove dalla volontà di imparare dall'altro. Si tratta di uno straordinario gruppo di persone che si ascoltano, sono due culture che si uniscono. E' questa la vera forza della nostra partnership».

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«La Fiat ha il cuore in Italia, ma la testa in più posti»
«Stiamo lavorando al risanamento della Chrysler e per un aumento della quota Fiat. Speriamo che Chrysler sia quotata nel prossimo futuro. Quando ci saranno due entità legali quotate in due mercati diversi si porranno problemi di governance. La scelta della sede legale non è stata ancora presa e sarà condizionata da alcuni elementi di fondo», ha detto l'amministratore delegato della Fiat, sottolineando che saranno determinanti l'accesso ai mercati finanziari e un ambiente favorevole allo sviluppo del settore manifatturiero. «Se si realizzeranno questi obiettivi, il nostro Paese sarà adatto per la sede legale». Per le direzioni, invece, bisognerà avere una visione più ampia: «Se il cuore della Fiat sarà in Italia la testa - ha sottolineato Marchionne - dovrà essere in più posti: Torino, Stati Uniti, Brasile ma anche Asia». «Se si realizzeranno le condizioni» rispetto al progetto Fabbrica Italia, «allora il nostro Paese sarà in grado di mantenere la sede legale».

I conti e gli investimenti di Fiat
Fiat si aspetta un fatturato di «64 miliardi di euro» al 2014 e di «100 miliardi di euro con Chrysler»: per Marchionne il fatturato sarebbe «quasi il doppio di quello dell'anno scorso». Fiat, sul totale di 20 miliardi di euro di investimenti previsti per l'Italia, destinerà 4 miliardi a Fiat Industrial e 16 alla Spa, di cui «il 65% per Fiat Group Automobiles, il 15% per i marchi di lusso e il 20% per i motori e le attività della componentistica». «Nell'ambito degli investimenti previsti - ha aggiunto Marchionne - per Fiat Group Automobiles, i costi relativi alle attività di ricerca e sviluppo sono compresi tra i 3,5 e i 4 miliardi di euro». Il lancio della nuova Panda «avverrà entro la fine di quest'anno», mentre «il prossimo anno introdurremo sul mercato americano la versione elettrica della 500».

Nel 2011 il lancio di sette nuovi modelli
Nel corso dell'audizione Marchionne ha anche annunciato il lancio di sette nuovi modelli per il 2011. «Abbiamo presentato pochi modelli l'anno scorso per scelta strategica«, ha detto l'ad, sottolineando che questa decisione è stata presa per l'eccessiva debolezza del mercato. Dunque, «il lancio di nuovi modelli è stato riposizionato a partire dalla seconda metà del 2011: presenteremo sette modelli nuovi, una proposta anche troppo aggressiva per il mercato ancora basso». E proprio il 2011, ha continuato, sarà «l'anno in cui si avrà il picco più alto degli investimenti». L'ad del Lingotto ha precisato che «la componente più significativa degli investimenti» sarà destinata all'auto: «tra i veicoli commerciali ci saranno 34 nuovi modelli nel giro di cinque anni, due terzi dei nuovi modelli saranno prodotti da Fiat, mentre 13 da Chrysler». Saranno invece due i marchi globali: «Alfa Romeo e Jeep, e stiamo lavorando perché l'Alfa possa tornare sul mercato americano entro la fine del 2012».

A Cassino e a Melfi non c'è urgenza di intervenire
L'amministratore delegato di Fiat è poi tornato sul futuro degli stabilimenti Fiat di Cassino e Melfi. «Su Cassino e Melfi non c'è urgenza di intervenire perché hanno prodotti ben accolti dal mercato». Entro fine anno, ha aggiunto Marchionne, a Pomigliano si produrrà la nuova Panda. E a Termini Imerese «la Fiat è disponibile a collaborare ma solo se viene risolto il problema occupazionale e tutti i lavoratori riceveranno una lettera di assunzione da parte della nuova proprietà». Marchionne ha quindi aggiunto che «non abbiamo mai chiesto condizioni di lavoro cinesi o giapponesi, solo condizioni minime di competitività che sono quelle su cui dobbiamo confrontarci con i competitor europei. Gli accordi servono solo a far funzionare meglio la fabbrica, senza la rinuncia ad alcun diritto, lasciando inalterate le condizioni positive non solo del contratto nazionale ma anche degli accordi in Fiat».

«Non vogliamo lasciare l'Italia. Ma il paese deve migliorare in competitività»
«Fiat non ha nessuna intenzione di abbandonare l'Italia», ha ribadito Marchionne. «Fiat fa parte di questo Paese, rappresenta un pezzo della sua storia e vogliamo che rappresenti un pezzo importante del suo futuro». Ma da «un esame serio e lucido della situazione italiana» emerge che il nostro Paese «sconta da anni un forte deficit di competitività; in qualunque classifica sui posti dove aprire un'impresa l'Italia è indietro, mentre è nella top ten per i costi. Gli investimenti stranieri sono ridotti al minimo, molte aziende hanno chiuso, altre si sono trasferite all'estero».

Per l'amministratore delegato di Fiat l'Italia ha una «cronica performance al di sotto della media europea e ha vissuto tre fasi recessive in dieci anni. La scarsa competitività dell'Italia rappresenta un grave handicap ed è una minaccia perché comprime redditi e salari». Fabbrica Italia «non era un atto dovuto» e per realizzare il progetto «non abbiamo mai chiesto sovvenzioni né aiuti di Stato per portarlo avanti. La verità - ha detto Marchionne - è che la Fiat è l'unica grande azienda che ha deciso di investire in questo paese in modo strutturale». «Il piano che abbiamo presentato è la nostra scommessa - ha aggiunto. È il nostro modo per dire che l'Italia non è un paese da abbandonare ma una sfida che si può vincere».

Il nodo dei contratti: «Siamo pronti ad aumentare i salari come in Germania»
«Se riusciamo a portare l'utilizzo degli impianti dall'attuale 40% all'80%, siamo pronti ad aumentare i salari portandoli ai livelli della Germania. E anche al passo successivo, come ho già detto, che è la partecipazione dei lavoratori agli utili dell'azienda», ha detto l'ad di Fiat, che ha sottolineato come negli accordi per Pomigliano e Mirafiori «non c'è nessuna clausola che penalizzi i lavoratori. Non abbiamo mai chiesto condizioni di lavoro cinesi o giapponesi. Abbiamo semplicemente chiesto di poter contare su condizioni minime e di competitività. Vengono mantenute inalterate - ha detto - tutte le condizioni positive che sono previste non solo dal nostro contratto collettivo, ma anche da tutti i trattamenti che la Fiat nel tempo ha riconosciuto alle proprie persone».

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