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Berlusconi: io vado avanti

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2011 alle ore 07:42.

«Si va avanti». Silvio Berlusconi lo ha ripetuto anche ieri. La decisione del Gip di Milano, Cristina Di Censo, non era certo inattesa. Eppure ha ugualmente spiazzato il premier, raggiunto dalla notizia mentre era a Catania con il ministro dell'Interno Roberto Maroni per l'emergenza immigrati. Alla conferenza stampa si è presentato infatti il solo Maroni. Il Cavaliere sapeva che se avesse affrontato i giornalisti, inevitabilmente le domande si sarebbero concentrate di nuovo sul caso Ruby. Berlusconi ha così deciso di volare a Roma per un summit con i suoi avvocati a Palazzo Grazioli, protrattosi per diverse ore. Il rischio che la situazione possa precipitare è reale. «Da Milano ci aspettiamo di tutto e di più», ha avvertito ieri l'avvocato del Cavaliere Niccolò Ghedini.

La strategia per ora non cambia. «Abbiamo i numeri per governare» ha detto anche ieri il premier a chi lo ha incontrato. Lo ha ripetuto anche a Umberto Bossi che ieri sera tardi lo ha raggiunto con lo stato maggiore della Lega a Palazzo Grazioli. Il Senatur è preoccupato e vuole rassicurazioni.

A Berlusconi i capigruppo di Camera e Senato hanno garantito che presto ci saranno nuovi arrivi nella maggioranza, complici anche le divisioni dentro Fli. Intanto, si valuta come reagire alla controffensiva della procura di Milano. Il Pdl fa quadrato attorno al premier. Il primo a parlare è stato il ministro della Giustizia Angelino Alfano. La decisione del Gip milanese per il Guardasigilli viola «la sovranità del Parlamento», che si era espresso per la competenza del tribunale dei ministri. L'ipotesi di dimissioni viene respinta al mittente: «E la presunzione di innocenza? Allora tutti gli indagati sono colpevoli e tutti devono fare un passo indietro?». Dunque si va avanti.

Oggi a Palazzo Chigi il premier terrà una conferenza stampa su alcune inziative a sostegno delle piccole e medie imprese con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Un modo per dissipare anche i sospetti di tensioni con il titolare di via XX settembre. «Dobbiamo far capire che il Governo c'è», insiste il premier. È la linea delle colombe. Anche se non sono pochi coloro che insistono per rilanciare la mobilitazione di piazza a difesa del premier. «In piazza ci andremo anche noi – ha confermato ieri sera a Ballarò Fabrizio Cicchitto – perché non è che sono democratiche e legittime solo le manifestazioni contro il premier». È un'ipotesi che neppure Berlusconi ha scartato ma che al momento viene ritenuta un'extrema ratio poiché provocherebbe inevitabilmente un nuovo acuirsi delle tensioni con il Colle.

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Tags Correlati: Angelino Alfano | Ballarò | Camera dei deputati | Corte Costituzionale | Fabrizio Cicchitto | Governo | Il Cavaliere | Lega | Milano | Montecitorio | Niccolò Ghedini | Pd | Roberto Maroni | Senato | Silvio Berlusconi | Umberto Bossi

 

Nella conferenza stampa di oggi non mancheranno certo le domande sul processo milanese. Il premier lo sa ed è probabile che tornerà a ripetere che si tratta di un attacco contro di lui. È quello che ribadiscono tutti nel Pdl: «È dal '94 che c'è un uso sistematico politico della giustizia nel tentativo di far fuori Berlusconi attraverso la leva giudiziaria», dice ancora Cicchitto. «Prendere tempo, dobbiamo prendere tempo», ripetono però nell'entourage del premier confidando anche nel possibile conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale. Un'ipotesi che però non è di facile percorribilità visto che ancora non si è capito se a sollevarlo dovrà essere la Camera. Tecnicamente dovrebbe essere l'ufficio di presidenza di Montecitorio, dove però l'opposizione ha la maggioranza. I numeri potrebbero però cambiare e raggiunta la parità la decisione finale verrebbe assegnata all'assemblea. Su questo conta almeno il Pdl. Molti confidano che il timore delle elezioni spinga altri incerti a salire sul carro del Cavaliere. Una mossa indispensabile per garantirsi anche la tenuta dell'alleanza con la Lega. Bossi finora ha coperto il premier, ma l'intervista al segretario del Pd sulla Padania di ieri suona come un avvertimento a non tirare troppo la corda.

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