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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2011 alle ore 09:06.
In politica ci sono passaggi da cogliere senza esitazione, grazie al particolare clima che si è creato: gli anglosassoni lo chiamano "momentum", i nostri letterati carpe diem o attimo fuggente. Futuro e Libertà ha perso il "momentum". La fronda al Pdl di ispirazione finiana era cresciuta con il vento in poppa per tutto l'autunno scorso nonostante la risibile storiella monegasca. I luoghi di produzione intellettual-politica di quella componente, da Farefuturo alle pagine culturali del Secolo d'Italia, avevano grande eco sui media, e personaggi flamboyant come Italo Bocchino conquistavano un posto d'onore nei mille talk-show dell'etere italico. Tutto questo si è infranto contro il voto di fiducia del 14 dicembre. È stato pagato caro il colossale errore di valutazione del presidente della Camera che ha acconsentito a rimandare di oltre un mese la mozione di sfiducia al governo. Perso il "momentum" della spinta innovativa e dissacrante, e della contemporanea apnea del presidente del Consiglio, le grandi risorse - economiche, seduttive, politiche - a disposizione di quest'ultimo hanno consentito a Berlusconi il recupero in extremis.
Il congresso di fondazione di Futuro e Libertà si è svolto quindi, inevitabilmente, in tono minore. Non a caso i maggiori quotidiani nazionali non hanno offerto all'evento nemmeno un richiamo in prima pagina. Eppure, anche se il nuovo partito non può fungere, nell'immediato, da magnete per i delusi del Pdl, non gli mancano chance nel medio periodo. Ma deve percorrere la classica traversata del deserto. E soprattutto evitare le insidie di questa fase di riflusso. La prima è quella di farsi trascinare da un antiberlusconismo furioso, comprensibile all'indomani della sconfitta politica di dicembre ma poco produttivo per il prosieguo del partito. Un conto era una critica dura al presidente del Consiglio fatta "in prima persona" dall'interno del centro-destra, un conto aderire al coro antiberlusconiano condotto da altri. Se Futuro e Libertà seguisse questa seconda strada perderebbe la sua ragion d'essere, e cioè quella di rappresentare una alternativa "interna" al centro-destra: con stile, tematiche e prospettive del tutto diverse da quelle imposte dall'asse Berlusconi-Bossi, ma pur sempre d'impronta moderata, di destra. La seconda insidia è rappresentata dal terzo polo. L'accordo con Casini subito dopo il voto del 14 dicembre era comprensibile per reggere l'urto della sconfitta, ma appare una via corta, poco redditizia politicamente. Pierferdinando Casini ha altri obiettivi, in sintonia con la (sua) storia proporzionalista dove valevano le rendite di posizione e le collocazioni strategiche, più che le progettualità chiare e definite. Qui Fli rischia di essere risucchiata in una visione "centrista" mentre dovrebbe riaffermare la sua appartenenza ad uno schieramento - il centro-destra - all'interno del quale condurre una opposizione di merito e di contenuti oltre che di linguaggio e di modi.